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"Re Carlo è morto": la voce dalla Russia, ma è una balla

Mauro Zanon
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Da diverse settimane, la famiglia reale britannica è bersaglio di voci sempre più assurde sui social network. E nelle ultime ore è stato raggiunto un nuovo picco di disinformazione. Alcuni media russi, bielorussi e ucraini hanno diffuso la fake news secondo cui Re Carlo III, 75 anni, sarebbe morto «improvvisamente» domenica pomeriggio. Il tutto è stato accompagnato da uno pseudo comunicato di Buckingham Palace, non reperibile sugli account o sui siti web ufficiali del palazzo reale, e da uno scatto della bandiera britannica a mezz’asta.

Dopo un rapido fact-checking alcuni utenti abbiano scoperto che quell’immagine è presa da un video che circolava nel settembre 2022 per la morte della regina Elisabetta II. Dinanzi alla bufala, l’ambasciata Uk in Ucraina ha reagito con un messaggio su X: «Vogliamo informarvi che la notizia relativa alla morte di Re Carlo III è falsa». Lo stesso hanno fatto le ambasciate inglesi in Russia, Armenia e Azerbaijan. «Diversi media russi, ucraini, bielorussi hanno annunciato la morte di Re Carlo III. Niente sulla Bbc. È una bufala del Cremlino? L’informazione è stata diffusa dai media indipendenti, non solo dalla propaganda», ha commentato su X il giornalista franco-bielorusso Andrei Vaitovich, prima di aggiungere: «Soltanto pochi minuti dopo si è parlato di fake news. È sorprendente che i media indipendenti abbiano ripreso la notizia, sapendo chiaramente che esiste un chiaro protocollo in caso di morte del re. La guerra dell’informazione continua». Tra i propagatori della fake news sul decesso del sovrano inglese, figura anche Sputnik, media finanziato dal Cremlino, che assieme a Russia Today, dal 2 marzo 2022, è stato messo al bando dall’Unione europea (le trasmissioni sono oscurate su tutto il territorio comunitario).

 

 

Ma se fuori della Russia il Regime putiniano sipreoccupa di crearre confusione probabilmente per cercare di distogliere l’attenzione dei media occidentali dalle elezioni, all’interno del Paese il Cremlino osa ben altro. È stato infatti aperto il primo caso penale per «estremismo Lgbt», come ha annunciato la direttrice della Lega per la sicurezza di Internet, Ekaterina Mizulina, sorella della senatrice Elena Mizulina che aveva proposto, quando era ancor deputata, il provvedimento contro la propaganda gay di fronte ai minori. Il caso è in relazione al club gay Pose di Orenburg. Lo scorso anno la Corte suprema aveva bandito un inesistente movimento internazionale Lgbt e in seguito erano stati aperti casi amministrativi per esibizione di simboli Lgbt. Putin ha lasciato intendere di voler estendere la repressione oltre gli oppositori politici, a chi non rispetta i valori tradizionali su cui si concentra sempre di più la sua propaganda.

 

 

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