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Pfizer-gate: per Roberto Speranza era tutto ok...

Gianluigi Paragone
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C’è un fantasma che si aggira per l’Europa, si chiama Ursula. Raggiunta a fatica la “nomination” per il bis alla presidenza della Commissione da parte dei Popolari europei (ma con diverse defezioni pesanti), la von der Leyen deve fare i conti con un’altra tegola giudiziaria: i contratti con Pfizer. Se la prima tegola era molto legata alla questione migranti e diritti umani e registrava una denuncia da parte del parlamento europeo per aver sbloccato 10 miliardi a favore di Orbán, la seconda tegola potrebbe azzopparla irrimediabilmente perché porta la firma della procura europea che segue i reati che ledono interessi finanziari. Si parla di Pfizergate e le accuse sono pesanti: interferenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di sms, corruzione e conflitto di interessi. Il bis insomma si fa sempre più traballante e abbracciare la presidente oggi come oggi non fa per niente bene. Per chi ci segue, l’oggetto della denuncia non è una novità e riporta all’attualità la negoziazione dei vaccini Pfizer tra la presidente e il ceo della multinazionale Albert Bourla. Stiamo parlando di un accordo da circa 20 miliardi di euro. Ricordo benissimo nel tempo in cui fui senatore le interrogazioni al ministro Speranza su questi contratti, ricordo anche gli esposti e gli interventi in aula: era come acqua che scivolava sul marmo.

 

Silenzio. La pandemia e l’urgenza di portare i sieri a disposizione dei governi erano un ottimo pretesto per non rispondere alle domande che qualche guastatore si permetteva di avanzare. Mi sentivo rispondere: “Meno male che c’è l’Unione che si presta come centrale di acquisto così da sconfiggere gli egoismi dei singoli Paesi: è un grande passo in avanti che fa l’Europa”. Noi volevamo soltanto avere qualche informazione su contratti miliardari e, anzi, mi sembrava strano che la trasparenza interessasse solo a noi. Aggiungo che la trasparenza riguardava i contratti nel loro insieme, cioè dalla trattativa sul costo alle responsabilità in caso di reazioni avverse, passando ovviamente sulla garanzie mediche visto che si avviava una vaccinazione di massa. Insomma, domande di buon senso alle quali mai nessuno ha voluto dare risposta.

 


A dirla tutta, l’unica risposta fu una presa in giro per quella istituzione di cui adesso si chiede a gran voce il rinnovo cioè l’europarlamento: il contratto arrivò ma coperto da bande nere; insomma era illeggibile. Soltanto dopo quasi due anni si conobbe il contenuto. Ora, ecco le indagini della procura europea evidentemente insospettita dalla segretezza della negoziazione, dalle reticenze della commissione e dalla irreperibilità degli scambi tra la von der Leyen e Bourla, ceo della Pfizer unico interlocutore industriale visto che la britannica AstraZeneca era stata tagliata fuori per problemi di consegna. Sulla vicenda dopo una prima denuncia da parte di un sito tedesco che chiedeva invano l’accesso agli atti, era arrivata anche la denuncia da parte del New York Times che parlò di “diplomazia personale” della signora Ursula rispetto all’ 1,8 miliardi di dosi da consegnare tra la fine del 2021 e il 2023. Da allora a oggi la Commissione ha preferito coprire la presidente, una strategia che indebolisce sempre più la von der Leyen.

 

 

 

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