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Iran, il rapper condannato: "Impiccatelo", come lo stanno torturando

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Sarà impiccato Toomaj Salehi. Un tribunale di Isfahan ha condannato a morte il rapper iraniano di 33 anni e 2 milioni di followers su Instagram. La sua colpa? Aver cantato la protesta e aver denunciato la corruzione, la povertà diffusa, l’uccisione dei manifestanti. Nell’ultimo video su Youtube prima dell’arresto del 2022 rappava: "Il crimine di qualcuno è stato ballare con i capelli al vento. Il crimine di qualcuno è stato di essere coraggioso e di criticare 44 anni di governo. Questo è l’anno del fallimento". Il riferimento è a Mahsa Amini ammazzata di botte dalle guardie del regime perché aveva mostrato i capelli in pubblico. 

 

In Iran, dove la musica è proibita, Toomaj Salehi è il più famoso di tutti, una sorta di idolo. Torturato e arrestato più volte era stato rilasciato su cauzione nel novembre 2023. In quell'occasione aveva denunciato con un video le sevizie subite durante la prigionia in una cella costantemente illuminata per più di 200 giorni, iniezioni di adrenalina, pestaggi. Fake news, secondo il regime, che ordina un altro, ennesimo, arresto il 30 novembre scorso. Ora il tribunale rivoluzionario lo ha condannato a morte. Per impiccagione, come si usa da quelle parti, con l’accusa di “corruzione sulla terra”. 

 

La sentenza di ieri ha di fatto annullato la decisione della Corte Suprema sul caso di Saleh, confermando il verdetto originale e emettendo la massima pena di morte, secondo i media iraniani riformisti Shargh ed Entekhab. Ora il suo avvocato ha 20 giorni per evitare l’esecuzione: i media statali hanno affermato che la sentenza di Salehi sarà soggetta a riduzione da parte di un comitato di grazia se farà nuovamente appello.

 

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