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Boy scout? L'ultima follia: cambiare il nome perché "non è inclusivo"

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Corrado Ocone
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La guerra delle parole dichiarata dal politically correct continua imperterrita, in America e a seguire nel resto del mondo. A farne le spese è ora quella che è forse la più prestigiosa associazione giovanile, i boy scout, che da ora in poi, in nome dell’“inclusività”, si chiameranno semplicemente “scout” affinché gli altri generi, reali e immaginari, non abbiano a sentirsi discriminati.

È difficile giudicare questa inutile guerra le cui battaglie si collocano, come questa, a cavallo fra la parodia e la “polizia verbale” di orwelliana memoria. E che giocano su “passioni tristi” come il vittimismo e il sentimento di colpevolezza. Roger Krone, l’amministratore delegato dei Boy Scout of America, la casa madre del marchio noto in tutto il mondo, nell’annunciare la svolta, a partire dal prossimo febbraio, ha affermato che si tratta di «garantire che tutti i giovani americani si sentano riconosciuti e accolti».

 



Che finora non sia stato così, non ci sembra affatto. Oggi le donne sono quasi il venti per cento degli iscritti all’associazione e, da quando sono state aperte anche a loro le porte, si sono perfettamente integrate in essa. Probabilmente, esse sono anche legate ad una denominazione storica che è una sorta di “marchio di fabbrica” riconosciuto e accreditato. Quei valori di solidarietà e moralità, di ordine e pulizia, ereditati dalla tradizione, sono proprio legati a un nome che è nei cuori di molti di noi, soprattutto di coloro che hanno vissuto in gioventù belle esperienze sotto quella bandiera, dei tanti padri che vorrebbero trasmettere qualcosa di positivo ai loro figli.

NEO TOTALITARISMO
La società evolve, o meglio cambia, da sola, non c’è bisogno di forzarla, né di farle violenza con l’invenzione di nuove sigle o nuovi lemmi. Il vero e solido cambiamento è quello che rispetta la tradizione, la quale è da considerarsi come qualcosa di dinamico e non statico come il progressismo vorrebbe far credere. Voler sradicare la tradizione, a partire da quella che si è consegnata nei nomi, significa voler fare tabula rasa di tutto ciò che è stato. Denota una mentalità totalitaria. È come se si volesse segare i piedi alla sedia su cui si è seduti. L’atto finale non può essere altro che un capitombolo generale.

 

 

 

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