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Emmanuel Macron sta già sulle scatole alla sinistra italiana

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Carlo Nicolato
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Anche se sembra che abbia vinto, Macron le elezioni le ha perse, sia chiaro, ha incassato 94 seggi in meno di quanti ne aveva prima di sciogliere l’Assemblea nazionale. Il presidente francese non lo ammetterà mai, il massimo che è riuscito a fare è quello di dire che c’è stato un grande pareggio, ma c’è ancora una parte considerevole di sinistroidi italiani che credono che al secondo turno abbia trasformato una sconfitta quasi certa in un trionfo di tattica politica. Non tutti ovviamente, per Romano Prodi ad esempio quello di Macron rimane un azzardo incomprensibile che lo ha «reso antipatico», con il secondo turno ancora più antipatico. In un’intervista al Corriere della Sera l’anziano presidente del Consiglio riconosce che Macron ha in un certo senso vinto la sua scommessa perché ha messo la maggioranza del Paese contro l’estrema destra, «ma io continuo a pensare che avrebbe fatto meglio a non farla». Il «mago», così è stato definito da qualche giornale europeo, è in realtà per Prodi «un apprendista stregone», e il secondo round «ha di molto ridimensionato il suo ruolo». Certo, il leader storico della sinistra italiana si dice soddisfatto del risultato elettorale, perfino «contentissimo», ma è preoccupato della confusione che ne verrà fuori.

Riferendosi al gioco indetto da Le Monde in cui al lettore è stato chiesto di comporre la maggioranza preferita, Prodi parla di un «puzzle quasi impossibile». «Mi domando se la saggezza che ha portato a una grande coalizione repubblicana contro l’estrema destra, sia in grado di diventare operativa», osserva ancora insinuando divisioni e visioni troppo diverse in quella coalizione. Il punto rimane il programma, perché erigere un muro contro la destra non è un programma politico, è la strada migliore perché quella destra continui a crescere. «Quale programma può mettere insieme questa nuova Francia?», si chiede il padre dell’Ulivo, «il programma precedente, quello di Macron, non mi soddisfaceva ma lo capivo. Ora c’è grande confusione». Una lezione per la sinistra italiana che secondo Prodi non deve cadere nella tentazione di creare alleanze «sui vertici», ma deve semmai basarsi «su un programma condiviso, che sostituisca i bonus con la politica giusta».

 

 


Insomma, anche se per Elly Schlein qualsiasi mezza vittoria della sinistra in Europa rappresenta una svolta epocale, sebbene questa avvenga in contesti e modalità completamente diverse, il Fronte Popolare alla francese, o Fronte all’italiana come qualcuno ha già battezzato, non è una strada percorribile, tantomeno se a innescarlo sono i giochi di prestigio di un Mr. Bean che si crede il Re Sole, come è stato definito in Gran Bretagna. Macron bocciato dunque, e come ha fatto tra le righe notare lo stesso Prodi, la Francia non ha affatto svoltato a sinistra. Il risultato elettorale, ha detto al Corriere, «bisogna leggerlo in francese. È un tipico risultato che viene dalla legge elettorale e da tutto il retaggio della storia politica della Francia». Tradotto in italiano, o approfondito, significa che la destra anche al secondo turno ha preso più voti degli altri due gruppi, ma il sistema elettorale (e politico) francese, ha consegnato la maggioranza dell’Assemblea nazionale a chi era minoranza nel voto popolare.


Questo accade perché in Francia esiste un doppio turno a cui si accede se il vincente del primo non raggiunge il 50%. Nel caso in cui il vincente è la Le Pen, al secondo turno tutti si coalizzano contro di lei. È sempre successo e succederà fintanto che non arriverà al 50%. Se il sistema elettorale fosse stato come quello inglese, cioè su collegi uninominali con un turno solo, Rassemblement avrebbe vinto alla grande. Così come ha fatto proprio il laburista Starmer pur avendo preso meno voti percentuali della Le Pen.

 

 

 

 

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