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Trump e la risposta allo scatenato tifo mediatico a favore di Kamala

Carlo Nicolato
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Non si può certo sostenere che sia la prima volta che un politico venga intervistato da un giornalista, o chi per esso, che abbia in passato, o in presente, manifestato consenso e ammirazione per lo stesso: in Italia di esempi, in ginocchio e non, ne abbiamo a volontà. Ma Elon Musk non è un giornalista, né qualcosa di simile, ed è anche l’uomo più ricco del mondo.

Mentre Donald Trump non è un candidato alle presidenziali statunitensi qualsiasi, per molti rappresenta il male assoluto, una sorta di Joker che vuole dominare il mondo, per altri è una specie di messia. Senza dimenticare che lo show è stato trasmesso su X, ex Twitter, cioè non un media come tanti altri, bensì un social da oltre mezzo miliardo di utenti più o meno attivi, roba che neanche tutti i giornali al mondo messi insieme possono sperare di raggiungere. Per arrivare alla quadratura del cerchio, infine, va sottolineato che il proprietario di X è proprio lui, Musk.

 

 

 

Già di per sé dunque, per queste caratteristiche che abbiamo elencato, l’“improbabile intervista”, come qualcuno l’ha etichettata, ha rappresentato un evento mediatico storico, una rivoluzione copernicana dell’informazione che si snatura, si reinventa, si de-professionalizza senza alcuna pretesa di finta imparzialità e diventa fenomeno planetario all’ennesima potenza. Ed ha, anche per questo, impaurito l’Unione europea al punto da spingere il Commissario Thierry Breton ad inviare una missiva “minatoria” a Musk ricordandogli di dover rispettare le norme Ue del Digital Services Act relative alla moderazione e alla rimozione “tempestiva” di eventuali contenuti illeciti o fake news. Lesta la risposta di Elon Musk che, considerando che la legge si applica in Europa, replica con un “elegante” meme tratto dal film Tropic Thunder mandando a quel Paese Breton.

Ma ciò che comunque ha destato più curiosità è il confronto tra due personaggi non certamente comuni, due miliardari, due narcisisti, a loro modo due geni o due sociopatici, a seconda dei punti di vista. Due che un tempo, proprio per queste intrinseche innegabili caratteristiche, mal si sopportavano. «Non odio quest’uomo», twittò Musk nel luglio 2022, «ma è tempo che Trump appenda il cappello al chiodo e navighi verso il tramonto». Più chiaro di così... D’altronde il paperone sudafricano, diventato americano poco più di 20 anni fa, ha egli stesso ammesso di aver sempre votato democratico e di aver supportato per ben due volte Obama, con il quale ha consumato più di un pasto insieme. Erano i tempi in cui, caso strano, Musk era considerato quasi all’unanimità un genio, l’unico tra i grandi imprenditori ad aver creduto nell’elettrico e di averne ricavato una fortuna. Ma da che si è consumata la rottura con Biden è diventato improvvisamente un pericoloso imbecille.

Di mezzo ci sono le vedute diametralmente opposte sui sindacati, tanto che nel 2021 l’attuale presidente non lo ha invitato a un importante vertice alla Casa Bianca sui veicoli elettrici nonostante Tesla ne sia uno dei maggiori produttori al mondo. Un buon motivo per cambiare sponda. Dopo aver acquisito Twitter, Elon ha riammesso sulla piattaforma l’account del tycoon che ieri Trump ha riutilizzato per la prima volta. E post dopo post Musk ha iniziato ad allinearsi con molti dei punti della sua campagna elettorale, come la lotta all’immigrazione e alle idee “woke”. Dopo l’abbandono di Ron De Sanctis, suo primo cavallo vincente, a marzo ha incontrato Trump nel suo resort in Florida e a luglio, secondo i media, avrebbe deciso di donare al Pac della sua campagna la formidabile cifra di 45 milioni al mese. L’uomo più ricco del mondo ha negato, definendole «voci esagerate», ma giovedì scorso Trump ha avuto solo parole al miele per lui, dicendo di rispettarlo molto, «come lui rispetta me», sottolineando tra le altre cose che «Elon più di quasi tutti quelli che conosco... ama questo Paese, ama il concetto di questo Paese, ma come me, dice che questo Paese è in grossi guai, è in tremendo pericolo».

Secondo alcuni commentatori il tycoon in passato non avrebbe mai detto una cosa simile, ma improvvisamente, sempre secondo loro, dopo l’entrata in campo di Kamala Harris, si è ritrovato in svantaggio e ha dovuto di buon grado accettare l’aiuto di Musk, tanto da aver recentemente anche rivalutato il futuro delle auto elettriche sul quale è sempre stato scettico. Matrimonio di convenienza dunque?

L’editorialista progressista Diane Roberts, una che ha detto che tutte le persone sane di mente voteranno per Kamala, sostiene che Trump e Musk hanno in realtà molto in comune: «Entrambi nutrono l’epica illusione di essere fondamentali per il funzionamento del cosmo; entrambi fingono (quando fa loro comodo) di essere cristiani; entrambi mostrano un atteggiamento nei confronti delle donne che va dallo sprezzante all’ostile». Ma più probabilmente la cosa che più li accomuna è che entrambi non vogliono essere governati da persone che credono di avere la verità assoluta in tasca e di identificarsi in essa come fosse, quella sì.

 

 

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