Alligator Alcatraz, il giudice lo blocca perché dà fastidio agli animali

di Angelo Zinettisabato 23 agosto 2025
Alligator Alcatraz, il giudice lo blocca perché dà fastidio agli animali

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Kathleen Williams, giudice federale Usa, ha ordinato la chiusura di Alligator Alcatraz, il centro di detenzione per migranti voluto dal presidente Donald Trump e situato nelle Everglades, in Florida. Nell'ordinanza si concedono 60 giorni di tempo per interromperne le attività e rimuovere generatori, impianti gas e fognari installati nel sito. La sentenza stabilisce che la struttura sta causando gravi danni ambientali alla zona e ripercussioni alle specie in via di estinzione che ospita. Viene proibito l'ampliamento del centro di detenzione, oltre che l'inserimento di nuovi detenuti.

«Si tratta di una vittoria storica per le Everglades e per gli innumerevoli americani che credono che questa natura selvaggia in pericolo debba essere protetta, non sfruttata», ha affermato Eve Samples, direttrice esecutiva di Friends of the Everglades. Il sito voluto da Trump è stato oggetto di varie denunce presentate dagli attivisti e dai residenti. Lo Stato della Florida, che sta collaborando con l'amministrazione Trump nella costruzione del sito, ha già presentato ricorso. Costruito due mesi fa nel mezzo di una palude di Miami, Alligator Alcatraz è diventato il fulcro dell'attività repressiva dell'immigrazione illegale voluta dall'amministrazione Trump. Il suo nome deriva dalla fauna selvatica di alligatori, coccodrilli e pitoni che, secondo Trump, avrebbero impedito ai detenuti di fuggire.

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Può ospitare fino a 3mila detenuti. Insomma: fauna selvatica 1 Trump 0. Ma nessuno tocca il principio che muove l’amministrazione repubblicana: annientare cioè l’immigrazione illegale. Che il progetto dell’amministrazione Trump funzioni lo dimostra anche un documento rilasciato giovedì dal Pew Research Center il quale mostra che per la prima volta da decenni gli immigrati (regolari e irregolari) in uscita dagli Stati Uniti sono più numerosi di quelli che vi entrano. Tra gennaio e giugno, la popolazione non nata negli Stati Uniti è calata di 1,4 milioni di unità, da 53,3 a 51,9 milioni di persone. Da giugno in poi, le deportazioni giornaliere sono sempre state al di sopra delle 1.000 unità e ad agosto hanno toccato quota 1.500 persone (al giorno). Gli immigrati “in detention” e in attesa di espulsione sono quasi 60.000 e gli arresti operati dall'ICE, sempre da giugno, sono stati oltre un migliaio al giorno.

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L’ultima mossa del governo federale è stata annunciata ieri: il dipartimento di Stato condurrà verifiche su tutti i 55 milioni di cittadini stranieri attualmente in possesso di un visto per viaggiare negli Stati Uniti. Un processo di verifica «costante» permetterà a Washington di revocare i visti in presenza di potenziali segni che ne determinino l'inammissibilità. Tra questi ci sono la permanenza nel Paese oltre il limite di tempo consentito, attività criminali o sostegno a organizzazioni terroristiche.

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