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Terrorismo, Hamas non è finito e si riforma da noi

di Antonio Soccivenerdì 21 novembre 2025
Terrorismo, Hamas non è finito e si riforma da noi

4' di lettura

«Il Mossad svela la rete di infrastrutture terroristiche di Hamas in tutta Europa». Così titolava l’altro ieri il Jerusalem Post. Che aggiungeva: «Secondo il Mossad, i raid coordinati in Austria e Germania hanno portato ad arresti e al sequestro di armi ed esplosivi destinati all’uso “a comando”». Si riferisce a quanto l’agenzia israeliana di spionaggio ha rivelato sull’indagine realizzata «con l’intelligence europea e le forze dell’ordine». Si apprende infatti che «dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre, l’organizzazione terroristica ha accelerato gli sforzi» per insediarsi in Europa: «Il Mossad ha detto che continua a sventare regolarmente decine di piani di attacco in tutto il mondo».

E questo grazie a «una “cooperazione stretta e persistente” con i servizi segreti europei». Il Mossad spiega che «insieme ai suoi partner in Israele e in tutto il mondo, sta lavorando incessantemente per contrastare gli attacchi contro civili israeliani, ebrei e altri innocenti a livello globale». Lo confermano appunto i recenti sequestri di armi e gli arresti in Europa. Ciò significa che il terrorismo non è solo un incubo del passato (in questi giorni abbiamo ricordato il massacro del Bataclan a Parigi), ma è una minaccia presente. Anzitutto in certi Paesi africani dove, in questi mesi, si susseguono i massacri.

Il pericolo islamista dimenticato da noi (e nascosto da loro)

Accanto alla questione (tabù, tranne che per Libero e pochissime altre voci) del rapporto tra criminalità ...

È una guerra planetaria in corso da anni. Un centro studi, fra l’altro europeista, progressista e liberale, la Fondation pour l’innovation politique, ha realizzato un dossier sugli attacchi del terrorismo islamista nel mondo (ovviamente con sigle e organizzazioni molto diverse) negli ultimi 45 anni. Nell’insieme hanno registrato nel mondo 66.872 attacchi terroristici di matrice islamista che, nel periodo analizzato (1979-2024) hanno causato almeno 249.941 morti. I feriti sono calcolati in 192.598, ma si ritiene un dato fortemente sottostimato.

D’altra parte gli attacchi potrebbero essere anche di più, circa 78 mila, e i morti potrebbero superare i 270 mila perché alcune azioni sono state “derubricate” dai governi per ragioni politiche e altre hanno motivazioni che vedono mescolate quelle religiose con altre motivazioni, cosicché non si può dire con certezza che si tratti di attacchi esclusivamente di matrice islamista: per queste ragioni il rapporto afferma che il numero di casi è probabilmente più alto, intorno agli 80.000 attacchi terroristici dal 1979.

Inoltre, si legge nel dossier, la stima delle vittime potrebbe essere fra i 300.000 e i 400.000 se consideriamo anche le vittime del terrorismo islamista in Algeria. Questo quadro agghiacciante dovrebbe essere aggiornato con le tragedie verificatesi quest’anno in Africa. Le rivelazioni del Mossad da cui siamo partiti dimostrano che si tratta di una minaccia che continua ad essere presente e attuale anche in Europa. Bisogna riflettere sulle infiltrazioni e le possibilità di radicalizzazione di individui arrivati in Europa perlopiù grazie ai grandi flussi migratori. Non sembra che i governi europei siano consapevoli della situazione o che adottino politiche di integrazione e di sicurezza capaci di scongiurare tali radicalizzazioni, anche se i servizi segreti e le forze di polizia riescono, come si è detto, a prevenire possibili attacchi (spesso grazie a Israele).

Un fatto che può influire positivamente è il piano di pace per Gaza realizzato dal presidente americano Trump con il coinvolgimento dei Paesi arabi e di molti Paesi islamici. L’orizzonte di tale Piano non è solo la pace a Gaza e fra Israele e palestinesi, ma un rapporto con i Paesi musulmani che porti ad un progressivo ripensamento del mondo islamico nei suoi rapporti con l’Occidente (anche la recente visita del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman a Washington va in questo senso).

Ma non basta la geopolitica. Occorre una rivoluzione culturale e spirituale. Il card. Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, continua a ripetere che ci vuole un salto di qualità per sradicare l’odio, cioè un’educazione dei cuori e delle menti, che disarmi gli animi e porti a sentire e comprendere «il dolore dell’altro».

Non a caso Maurizio Molinari, nel recente suo libro “La scossa globale”, sostiene che «la Santa Sede ha l’opportunità di svolgere un ruolo nel Medio Oriente segnato dal conflitto fra Israele e Hamas. Questa forse è, potenzialmente, la maggiore novità. Se ascoltiamo come gli Emirati Arabi Uniti e il Barhein leggono, interpretano e sostengono gli Accordi di Abramo (...) ci accorgiamo che il tema di fondo è il “dialogo fra le fedi in Medio Oriente”, ovvero la convinzione che sono la coesistenza e la tolleranza fra le tre grandi religioni monoteistiche la chiave per garantire nel lungo termine pace sicurezza e prosperità alla regione». Certo poi c’è l’altro Islam, quello dell’Iran. E qui torniamo alle organizzazioni islamiste. Ma in parte è stato militarmente depotenziato. In parte potrebbe essere “normalizzato” attraverso una pacificazione con la Russia (e la Cina). Ovviamente che passa dalla pace in Ucraina.

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