Quel 28 giugno 1914, a Sarajevo, in Bosnia che era parte dell’Impero austro -ungarico, si festeggiava San Vito e l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, arrivato in visita alla città, ne percorreva le vie su un’auto scoperta. Ad un certo punto un terrorista serbo -bosniaco scagliò contro il corteo una bomba che però rimbalzò sull’auto dell’arciduca ed esplose sotto un altro veicolo senza alcun danno per Francesco Ferdinando e la moglie. Dopo una cerimonia in municipio, il corteo tornò nelle vie, “ma l’autista” dell’Arciduca, spiega Roberto De Mattei nel libro Infelix Austria?, “sbagliò strada e si trovò di fronte all’osteria” dov’era Gavrilo Princip che faceva parte dello stesso gruppo terroristico e che, vedendo l’Arciduca, gli sparò e lo uccise. Per questa incredibile circostanza di fatto deflagrò il conflitto mondiale che mise fine all’ordine europeo uscito dal Congresso di Vienna, cento anni prima. Dalla Prima guerra mondiale derivarono direttamente la rivoluzione bolscevica in Russia, il fascismo in Italia e il nazismo in Germania.
Tutto questo portò alla catastrofe della seconda guerra mondiale, quindi al dilagare del comunismo nel mondo (la stessa Cina comunista di oggi è figlia del secondo conflitto mondiale e del comunismo sovietico). Pare che il ministro britannico Sir Edward Grey, il 3 agosto 1914, nelle ore in cui il suo Paese stava entrando in guerra, abbia detto: «Le luci si stanno spegnendo in tutta l’Europa. Dubito che le vedremo accendersi di nuovo nel corso della nostra vita». In effetti oggi, cento anni dopo, con la guerra fra Ucraina e Russia (e non solo), viviamo ancora, come per un’esplosione a catena, le conseguenze di quella tragedia che distrusse e lacerò l’Europa, la quale era stata fino ad allora il centro del mondo. Ecco il primo insegnamento di questa storia: attenzione, perché in certe situazioni di tensione internazionale basta una scintilla, perfino casuale, o una provocazione per far saltare tutta la polveriera. Secondo insegnamento: nessuna delle potenze che poi si dilaniarono voleva una guerra mondiale. All’inizio doveva essere un conflitto locale. Poi “tutti i paesi” scrive De Mattei “erano convinti che la guerra sarebbe finita a Natale o al massimo a primavera del 1915. Nessuno immaginava che sarebbe stata lunga, con milioni di morti”.
Eppure un certo Winston Churchill, il 29 luglio 1914, scriveva alla moglie: “ogni cosa tende alla catastrofe e al collasso” come se “un’ondata di follia avesse colpito la mente del mondo cristiano”. Quelle classi dirigenti, superficiali e inadeguate, scivolarono nel baratro da “sonnambuli”, per incapacità politica, per una serie di errori e per irresponsabilità. Ed è uno scenario che somiglia a quello odierno. Terzo insegnamento che riguarda l’Italia: il nostro Paese, nel 1914, quando iniziò la guerra, scelse la neutralità. Era contraria la grande maggioranza degli italiani e del Parlamento che aveva il suo leader in Giovanni Giolitti contro cui fu montata una dura campagna di stampa. Nonostante la maggioranza del Parlamento fosse neutralista, di fatto il governo ottenne un voto con cui portò l’Italia in guerra nel maggio 1915. Una certa, qualificata storiografia valuta quella scelta come “un atto di follia”. Anche perché l’Austria, per convincere l’Italia a restare neutrale, si era già impegnata a concedere “compensi territoriali che corrispondevano pienamente ai suoi legittimi interessi” (De Mattei). Ma il governo disse no e alla fine “conquistammo” con 600 mila morti e immense distruzioni (anche civili perché arrivò il fascismo) quello che avremmo potuto ottenere restandone fuori. Fra l’altro se nel 1914 si potevano illudere, nel 1915 era già chiaro che si trattava di un conflitto enormemente sanguinoso e lungo. Credo che Trump, venerdì scorso, avesse presente questa storia quando ha detto alla Ue, all’Ucraina e alla Russia «basta con questi giochetti: vi ritroverete nella terza guerra mondiale. Non vogliamo che succeda». Sarebbe una guerra nucleare.
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