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"Bergoglio santo dell'arte": più che genio è papolatria

L’idea di Pistoletto lanciata su La Stampa e un legittimo sospetto: è stato imbeccato?
di Claudia Gualdanasabato 20 dicembre 2025
"Bergoglio santo dell'arte": più che genio è papolatria

3' di lettura

C’ è qualcosa di comico nella nomina a “Primo Santo dell’Arte” di Papa Francesco, con maiuscole in evidenza. Per giunta la pseudo-canonizzazione parodica avviene nella nostra povera patria, in cui persino gli asini sanno che il cattolicesimo è la grande potenza culturale per eccellenza e di tutti i tempi. Duemila anni di cultura, talmente alta che a usare questo vocabolo abusato quasi ci si sente in colpa. Michelangelo Pistoletto, ideatore di questa trovata che non gli fa onore-è un nome internazionale dell’arte contemporanea sa bene che i pontefici hanno reso possibile il miracolo delle cattedrali, il salvataggio dei classici, osiamo dire il genio di Tommaso d’Aquino e della Scolastica, l’arte italiana e per conseguenza quella europea. I papi hanno commissionato opere agli immortali: Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Bernini. Un libro soltanto non basterebbe a contenerli tutti.

Forte è il sospetto che più d’uno si stia rivoltando nella tomba. Il fier cipiglio di Giulio II della Rovere, committente della Cappella Sistina e della Scuola di Atene di Raffaello, dev’essere tornato agli splendori del tempo in cui litigava con Michelangelo. Desta preoccupazione anche il sonno eterno di Alessandro VII Chigi, che incaricò Bernini di progettare il colonnato di Piazza San Pietro, il più bello del pianeta. Anche i semplici hanno reso possibili cose complesse: la confraternita dell’Immacolata Concezione chiese a Leonardo di dipingere La Vergine delle rocce e questo anche se, essendo milanesi, quei frati il soglio di Pietro forse neanche lo hanno mai visto. Ma siamo certi che si stupirebbero di una tale assurdità.

L’articolo di Pistoletto, uscito il 17 dicembre sulla Stampa, presenta l’iniziativa dell’omonima Fondazione di Biella con tutti crismi dell’ufficialità e quasi non ci si crede. A parte il fatto che Papa Francesco in vita non si è certo distinto per i sermoni sull’arte, l’ambito titolo si dovrebbe alla presunta bellezza della tomba che il papa argentino ha voluto per sé. Fa un po’ impressione dover parlare di sepolture a Natale, ma tant’è: di questo si tratta, quindi diremo che il sepolcro di Bergoglio è di una semplicità spartana che gli somiglia. Di ardesia di Lavagna, liscio, bianco immacolato: tutto qui. Dove sarebbe, quindi, la bellezza? Nella riproduzione della croce pettorale che egli indossava in vita.

E qui Pistoletto si produce in un pistolotto che, tra prosa involuta ed eresie, fa torto anche al povero Francesco. Il pettorale è innanzitutto una croce, che il nostro fatica a nominare: «un simbolo in argento (...) il simbolo mostra un pastore che regge sulle spalle un agnello». Aggiunge che si tratta del simbolo-tempio della fede cristiana e finalmente cita la crocifissione, poche righe più in basso compare la croce. Gesù, mai. Trattasi di un mirabile esempio di papolatria, in cui lodando Francesco al limite della piaggeria si cita un generico pastore, che invece è Gesù, il buon pastore appunto, come se ci si vergognasse di Cristo, senza il quale il cristianesimo è aria fritta: sarà per caso questo che vogliono?

Largo spazio invece a una bontà che aborre la violenza, anziché trafiggerla con il sacrificio di sé, e non ha nulla di trascendente, infatti le braccia della “persona” non sono state allargate e inchiodate (sic), e quindi formano «una croce essenziale e non patibolare»: un sovvertimento dei fatti e della dottrina. Perché non solo Gesù sembrerebbe non essere la generica persona, o almeno si tace che lo sia, neanche si evidenzia che è morto in croce, figuriamoci se si ammette che è risorto.

L’interpretazione delle Scritture secondo Bergoglio, o meglio il Bergoglio su misura a uso e consumo di chi lo brandisce come un’arma, conclude che tale simbolo rappresenta la convivenza tra uomo e natura e, ovviamente, la pace. Un po’ di irenismo, una spruzzata di ecologismo, tanta nostalgia per un papa che piaceva perché non sembrava un papa: che noia. E chissà che anche lui non stia riposando in pace, con tutta questa gente che ancora lo tira per la tonaca. $ un delirio che sconfina nella blasfemia. Almeno per noi, cattolici e basta, un po’ diffidenti nei confronti dei cattolici moderni, perché se il cattolicesimo adulto è questo ci si rallegra di essere arcaici.

Poi però scopri che il novantenne Pistoletto pochi mesi fa ha pubblicato un libro a quattro mani con padre Antonio Spadaro, che pare la vedova inconsolabile di Francesco, e sospetti che sia stato, diciamo così, mal consigliato. E monta un sentimento oscillante tra l’indulgenza e l’umana compassione. Perché i due paiono il gatto e la volpe, ma sicuramente Pistoletto non è la volpe.