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Così Delhi ha incastrato i militari Difesa: violate tutte le regole

Non si trovano le registrazioni della scatola nera della Lexie. I Ris ammessi come testimoni silenziosi. Lo sfogo del ministro Terzi

Lucia Esposito
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Si è concluso sabato 3 marzo  il lungo processo elettorale che era iniziato l'8 febbraio nell'Uttar Pradesh: la Regione settentrionale che è il più popoloso Stato indiano, tant'è che ci sono voluti ben sette turni per portare alle urne i 126 milioni di elettori. Il conteggio inizierà martedì, che guarda caso è anche il giorno in cui l'Alta Corte del Kerala dovrebbe decidere sulla giurisdizione del caso “Enrica Lexie”: se spetta all'Italia perché avvenuto in acque internazionali o all'India perché avvenuto in acque indiane. Mentre almeno fino a lunedì durerà il fermo dei due marò, dai quali ieri si è recato in visita il sottosegretario Staffan de Mistura.  Finita dunque la possibilità di influenzare gli elettori, potrebbe in teoria calmarsi la buriana anti-italiana che era stata montata anche perché dall'esito di questa campagna elettorale dipende il futuro di Rahul Gandhi: il figlio dell'italiana Sonia Maino, ultimo erede della dinastia Nehru. E il modo in cui il giudice A. K. Goapakumar ha infine trovato il compromesso rispetto alla gelosia professionale della polizia scientifica indiana, con i due esperti del Ris che non interverranno direttamente alle prove balistiche sulle armi prese sulla “Enrica Lexie”, ma potranno controllare tutto come «testimoni silenziosi» («non devono interferire nei test, verificarli o rivelarli»), sembrerebbe dimostrare che una via di uscita accettabile per tutti a questo punto si potrebbe anche trovare. L'intervento italiano - Il guaio, però, è che ormai la situazione sembra essersi ormai incistata secondo logiche proprie, e ormai difficili da controllare. Da una parte, infatti, da Istanbul il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata, al termine di un incontro col collega turco Ahmet Davutoglu, ha rincarato il tono delle critiche già fatte al governo indiano. «Si è verificata una frattura e un'eccezione a principi fondamentali dell'ordinamento giuridico internazionale, il principio fondamentale che è quello del riconoscimento della sovranità giurisdizionale su navi che battono bandiera nazionale, in questo caso la bandiera italiana, in alto mare»: una violazione che è «ancora più grave se sulle navi vi sono componenti delle forze armate, che devono godere dell'immunità degli organi dello Stato». E se un diplomatico di carriera parla in modo così poco diplomatico, vuol dire che effettivamente il caso sta degenerando. Anche se lo stesso Terzi, in nome dell'«esigenza prioritaria di riportare Latorre e Girone a casa, nei tempi più brevi possibili», ricorda comunque l'esigenza che «i toni» vadano «mantenuti a un livello contenuto», per «dare spazio all'azione diplomatica». «L'azione che stiamo svolgendo darà, alla fine, i suoi risultati», ha promesso. «Bisogna tutelare una delle norme più antiche del diritto internazionale, la libertà di circolazione in alto mare», ha convenuto per conto suo Davuteglu. «Il  contesto era del tutto diverso», ha risposto il ministro degli Esteri turco a chi gli ha chiesto se il governo di Ankara non pensasse anche al caso dei nove turchi morti due anni fa nell'arrembaggio israeliano a una flottiglia filo-palestinese. Ma non c'è dubbio che l'India rischia di stabilire un precedente poco gradito dalla comunità internazionale. Nel contempo, però, la stampa indiana a sua volta sta montando un nuovo caso, per la sparizione dei dati contenuti nel Voyage Data Recorder (Vdr) della “Enrica Lexie”: l'apparato che sulle navi ha la stessa funzione che la scatola nera negli aerei, registrando le informazione. È vero che, data la durata dei viaggi marittimi, la registrazione dura solo 12 ore, dopo di che il sistema riscrive i dati su quelli già esistenti. Ma in caso di eventi importanti, non solo sulla nave ma anche nei paraggi, i dati dovrebbero essere conservati. Secondo il Times of India, che ha citato fonti del Dipartimento della Marina mercantile indiano, il comandante Umberto Vitelli non avrebbe invece disposto la conservazione dei dati sul registro di bordo (logbook). Ma qui, forse, la polemica più che con l'Italia è interna agli indiani, dal momento che la polizia del Kerala dice di non aver toccato né il Vdr né il diario di bordo proprio perché il compito sarebbe spettato agli esperti della Marina merca. di Maurizio Stefanini

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