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Romano Prodi e Silvio Berlusconi? Sulla Ue parlano (quasi) la stessa lingua: "merito" del Quirinale?

Antonio Rapisarda
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La migliore risposta ai giudici italiani, che sono arrivati a chiedere per lui la «perizia psichiatrica», è giunta dall'applauso di tutta la delegazione del Ppe al termine del suo discorso alla plenaria riunita a Roma. Intervento di cui ha colto la portata Manfred Weber: «Per noi è stato d'ispirazione: ci ha ricordato cos' è veramente l'essenza dell'Europa». Così il presidente dei popolari nell'Europarlamento ha ringraziato Silvio Berlusconi, riconoscendo anche il ruolo esercitato dal leader azzurro nello scenario attuale: «Ha contribuito a dare il messaggio che l'Italia è tornata in Europa».

ACCLAMAZIONE
In questo modo, per acclamazione, Berlusconi è tornato al centro della scena politica dopo la lunga pausa dovuta alle condizioni di salute. Da giorni aveva assicurato la sua rentrée e solo i medici - consigliandogli fermamente qualche altro giorno di assoluto riposo - hanno potuto impedirgli di partecipare dal vivo ai lavori dell'ufficio di presidenza del Ppe. Il leader azzurro è apparso con un videomessaggio da villa Martino, non degnando di un cenno il trattamento giudiziario che reputa «inaccettabile». Come sottolineato dallo stesso Weber, Berlusconi invece ha interpretato al meglio il suo ruolo da statista. «Oggi l'Europa è una necessità», ha affermato insistendo come proprio «nelle grandi sfide planetarie, solo se saremo uniti, avremo la possibilità di esercitare un ruolo a difesa dei nostri interessi, dei nostri valori e della nostra stessa identità». L'emergenza afghana, «la dolorosa esperienza», restituisce a suo avviso due aspetti: «Il primo è che gli Stati Uniti rimangono amici ed alleati essenziali, ma non sono più in grado di essere, da soli, i garanti dell'ordine liberale nel mondo».

 

 

Il secondo è conseguenziale: «L'Europa, fino a quando non avrà un'unica politica estera, supportata da uno strumento militare europeo forte, unito e credibile, non sarà in grado di svolgere alcun ruolo autonomo». Per Berlusconi, però, non esiste protagonismo europeo né «passi avanti sulla strada dell'integrazione» e della difesa comune senza un fondamento «sui valori condivisi». Quei valori dei padri fondatori con i quali fa tutt' uno il Ppe: «Il nostro partito è l'Europa». Prima del capogruppo del Ppe Weber un riconoscimento d'eccezione alla funzione di Berlusconi nello scacchiere comunitario è giunto dall'ex presidente della Commissione europea, Romano Prodi: «Ha il merito di avere spostato Forza Italia verso una linea europea», ha ammesso ieri l'altro il professore al Premio Cavour, richiamando a sua volta l'insegnamento dello statista piemontese con parole («Affermare un'Italia legata agli altri Paesi europei») che collimano significativamente con i richiami del Cavaliere. Lo stesso Prodi - che da oltre unanno ha sotterrato platealmente l'ascia di guerra nei confronti dell'ex "arcinemico" - non ha usato mezzi termini nel definire poi «una delle ennesime follie italiane» la richiesta della valutazione psichiatrica da parte del Tribunale di Milano. Un aspetto sul quale il fondatore dell'Ulivo è tornato pure ieri: «Quando si vedono le cose di poco buonsenso uno le deve riconoscere sennò passo io per matto». Un occhiolino, come sostiene qualcuno, a Berlusconi? «I nostri sistemi politici rimangono completamente diversi», ha precisato Prodi ribadendo tuttavia la necessità «di abbassare i toni personali».

 

 

NODO QUIRINALE
Sistemi diversi, certo, però anche il Professore, sulla politica estera comunitaria, ha le idee chiare (e simili): «Il problema dell'Europa è nel campo politico. Una difesa comune europea perchè deve andare oltre la Nato? Noi siamo nella Nato, ma essendo divisi non siamo rispettati nella Nato». E ancora: «L'esercito comune senza una politica estera comune non serve a niente. Si arriverà a una politica estera comune quando arriverà una tale forza dominante di Cina e stati Uniti che dovremo avere qualcosa per tutelare i nostri interessi vicini». Un richiamo alla distensione e a un percorso comune in Europa che in pieno semestre bianco dà fiato ai retroscena sulle ambizioni "quirinalizie" di entrambi gli storici sfidanti. Chissà se davvero così o nel ruolo - più probabile - di padri nobili e di facilitatori. E magari, stavolta, non su fronti così contrapposti. 

 

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