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Auto, stop alle immatricolazioni dei modelli a benzina, diesel e ibridi: la data della rivoluzione

Sandro Iacometti
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Ti pareva. Quando Ursula von der Leyen ha annunciato la sua idea di stoppare la vendita delle auto a combustione dal 2035 in Italia ci sono stati parecchi mugugni. Persino il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che dovrebbe essere il sacerdote e massimo sostenitore della rivoluzione verde ha storto il naso, sostenendo che accelerazioni troppo repentine rischiano di mettere in ginocchio una filiera industriale, a partire dalle eccellenze del made in Italy a quattro ruote. Ebbene, ieri, nella quarta riunione del Cite, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica il governo italiano ha deciso che farà esattamente come dice Bruxelles: stop alle automobili nuove con motore a combustione interna entro il 2035, mentre per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri l'uscita dai motori più inquinanti dovrà avvenire entro il 2040.

 

 

 



MINISTRI - I ministri della Transizione ecologica Cingolani, delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili Enrico Giovannini e dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, spiega una nota del Mite al termine dell'incontro, «hanno definito le tempistiche di sostituzione dei veicoli con motore a combustione interna» Tempi che sono importanti in un'ottica di switch della produzione, per consentire alle imprese dell'automotive di adeguarsi. «In tale percorso», prosegue il Mite, «occorre mettere in campo tutte le soluzioni funzionali alla decarbonizzazione dei trasporti in una logica di "neutralità tecnologica", valorizzando, pertanto, non solo i veicoli elettrici, ma anche le potenzialità dell'idrogeno, nonché riconoscendo, per la transizione ecologica, il ruolo imprescindibile dei biocarburanti, in cui l'Italia sta costruendo una filiera domestica all'avanguardia». Insomma, si spiega con grande entusiasmo che le auto potranno andare con la corrente, con l'idrogeno, magari voleranno con un sistema antigravitazionale a basse emissioni, ma non si dice una parola dell'impatto che potrebbe arrivare su un settore che sta già letteralmente andando a picco con flessioni delle vendite spaventose e contraccolpi su tutta l'industria dell'automotive. Un unico pensiero è andato al settore del lusso, che potrebbe faticare più degli altri ad adeguarsi.

 

 




IL LUSSO - I tre ministri che hanno lavorato sul dossier mobilità hanno infatti deciso che «per quanto riguarda i costruttori di nicchia, misure specifiche potranno essere eventualmente valutate con la Commissione europea all'interno delle regole comunitarie». Un riferimento che potrebbe essere letto come una salvaguardia per il distretto dell'auto attorno a Modena e Bologna che caratterizza le auto di grossa cilindrata come Ferrari e Lamborghini famose proprio per il rombo dei loro motori. Ma in ogni caso anche qui sarà sempre la Ue a dettare la linea. Il bello è che proprio ieri Giorgetti, parlando all'assemblea della Confederazione nazionale degli artigiani, ha detto che «la scelta di andare verso l'auto elettrica ha sicuramente una conseguenza, già stimata: oltre la metà della manodopera che attualmente lavora nella filiera dell'automotive, nel motore a combustione, non lavorerà più in quel settore. Questo è un discorso che è giusto porre, senza fare del terrorismo industriale, però c'è, perché la transizione ambientale non è soltanto rosa e fiori». È la solita storia. La rivoluzione verde forse ci ucciderà prima che lo facciano i cambiamenti climatici. Ma opporsi ad essa non è un'opzione.

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