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Vladimir Putin, ciò che Gentiloni ha sempre nascosto: "Nel 2017..."

Giancarlo Mazzuca
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Chi dice che l'abito non fa il monaco? L'ultimo caso eclatante è quello di Paolo Gentiloni che, quando era a Palazzo Chigi, cercò in tutti i modi di conquistare l'amicizia di Putin per l'Italia mentre oggi, da commissario europeo, critica proprio il Belpaese perché, con la guerra in Ucraina, fa fatica a seguire la politica decisamente anti-russa di Bruxelles. Intendiamoci, il Putin del 2022 non sembra neppure un lontano parente del Putin di qualche tempo fa, mala metamorfosi di Gentiloni appare ugualmente sorprendente.

 


Sembra, in effetti, che sia trascorso un secolo da quando, nel 2017, i giornali, alla vigilia del vertice del G7 di Taormina, dipingevano il nostro statista come il grande fautore del dialogo tra Europa e Russia. Da allora una metamorfosi a 360 gradi con Gentiloni che sta ora sparando a zero sull'amico di una volta. Cinque anni fa, all'indomani del vertice con il presidente russo che ebbe a Sochi, il futuro commissario europeo all'Economia disse testualmente che era in gioco con Mosca un'alleanza strategica per l'Italia che le difficoltà insorte con la crisi ucraina (quella di allora...) «non avrebbero potuto cancellare». Guai, insomma, a pensare di voltare in qualche modo le spalle allo Zar perché, sottolineava ancora Gentiloni, «l'Italia per la Russia è un partner importante ed è uno dei paesi-chiave nel commercio con l'estero». Ecco perché - ribadiva l'allora premier - eravamo stati sempre favorevoli «al dialogo tra Mosca e l'Unione Europea». Più esplicito di così...
La storia ci insegna - come conferma il famoso "patto Gentiloni" del 1913- che la famiglia di Paolo abbia sempre cercato le grandi alleanze ma oggi è lo stesso commissario europeo a prendere decisamente le distanze dalle sue "fumate bianche" verso il Cremlino di una volta..

 

 

Se è quindi legittimo cambiare opinione, ci saremmo comunque aspettati, per una questione di coerenza, che Gentiloni facesse oggi ammenda di quel suo "volemose bene" a tutti i costi di cinque anni fa. Da parte sua, non c'è però stata alcuna ritrattazione ufficiale: silenzio assoluto. Peccato, perché avrebbe avuto più di un motivo per spiegare il suo d'opinione.
In effetti, le ragioni per ricredersi sul conto di Vladimir - e di questo va dato atto a Paolo - ce ne sono tante. Resta il fatto che c'è modo e cambiamento modo di ricredersi e lui ha compiuto un vero e proprio salto della quaglia. Indossando i panni di commissario Ue, ha così fatto pure la ramanzina all'Italia perché appare troppo tiepida nei confronti delle sanzioni a Mosca e rischia in tal modo di rompere il fronte comune europeo nella guerra in corso a Kiev e dintorni. Gentiloni non sembra avere dubbi sul pugno di ferro che mostra oggi e, con tono perentorio, dice: «Bisogna avere un po' anche la schiena diritta sul tema». È vero, i tempi sono decisamente cambiati rispetto al 2017 ma, ricordandoci dell'entusiasmo con cui l'allora presidente del Consiglio accolse a Taormina l'«amico Putin», ci viene il forte dubbio che, in questi anni, anche qualcun altro, assieme allo Zar, abbia voluto scalare le montagne russe. 

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