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Enrico Letta il "cinese": cosa spunta nel curriculum, quello che nel Pd non possono ammettere

Renato Farina
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In alto i coltelli. Non è fioretto ma duello rusticano quello in corso tra Enrico Letta e Matteo Salvini. Il quale, stanco di essere trattato dal segretario del Pd e dai suoi organi ufficiosi come nemico dell'Europa e amico dei russi, ha contrattaccato ruotando di mezzo giro il mappamondo, puntando il dito verso Pechino, e infilando l'ex premier pisano tra gli omini gialli che in Europa hanno avuto lucrosi rapporti d'affari con la Cina e magari mantengono vividi rapporti con il braccio finanziario e industriale di Xi Jinping. Salvini replica a una serie di lettere e interviste di Letta pubblicate da La Stampa e da La Repubblica. In esse il leader di Largo Nazareno dà sostegno ai piani ultra-ecologisti in votazione al Parlamento europeo contro l'industria automobilistica e a favore di una drastica de-carbonizzazione. Ecco il titolo scelto dal sito del Pd per esaltare le uscite il proprio capo: «Le destre vogliono mettere da parte la sostenibilità. Noi siamo per un futuro verde». Il linguaggio è più colorito e vispo rispetto ai delicati standard linguistici di Letta. «Alle destre non gliene frega niente» dice «del futuro dei nostri figli».

 

 

SVOLTA GREEN
Queste decisioni di Bruxelles in combinato disposto con l'annuncio tremolante da Francoforte della presidente della Bce Christine Lagarde che aumenterà il costo del denaro e annullerà l'acquisto di titoli di Stato, ha fatto crollare la Borsa di Milano e innalzato lo spread. Una congiura? Ma no: semplicemente l'Europa fa l'interesse di altri Paesi (Germania e Francia) e di una certa super-potenza: la Cina. Salvini tuona: «L'Italia è sotto attacco di speculatori, burocrati e guerrafondai, noi la difenderemo, con tutte le nostre forze». Letta invece resta entusiasta. Con un Twitter rinnova il sostegno del Pd al «Fitfor55, il piano europeo di riduzione delle emissioni», ma anche di drastica riduzione dell'occupazione specie in Italia, regalando a Pechino l'Eldorado. È lì che si producono i motori per le auto no-idrocarburi. Un motore Diesel necessita dell'impiego di dieci operai, uno a benzina di tre, per l'elettrico ne basta uno. Per di più la Cina li realizza lavandosi serenamente le mani dall'ottemperanza alla minima norma ecologica: sia ambientale sia umana. Sostenibilità un par di balle, dunque, per restare al livello comunicativo di Letta. Come dimostrato dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, queste mosse contro le auto tradizionali vietate dal 2035, con esclusione della Ferrari per la soddisfazione delle masse proletarie, sarebbero sostenibili per i pinguini, ma insostenibili per la sopravvivenza stessa del nostro Paese.

Tra l'altro vanno contro anche il progetto di Mario Draghi di far tornare l'Ilva rapidamente, ed evitando fumi tossici, ad essere la prima industria siderurgica d'Europa per produzione, ciò che nel breve e medio periodo va contro la de-carbonizzazione energetica, e lascerebbe per lunghissimo tempo ancora in cassa integrazione 3mila operai di Taranto. Niente da fare, Letta insiste nelle sue idee sciagurate e purtroppo vincenti nella élite euro-cratica. E finisce la sua lettera alla Stampa accusando Salvini di essere un tristo sostenitore del «nero fossile». Scrive proprio così: Nero Fossile! Sarebbe il benemerito carbone, ma manipolato da Letta si trasforma in un mostruoso reperto nazista, identificando allusivamente con esso l'intero centrodestra. Letta è un professore raffinato, ma decodificarlo non è così difficile... Ecco allora Salvini che si sfila il pugnale dalla schiena, e ripaga Letta infilandolo dove fa più male. Questo il fenderne del Capitano: «O Letta ha legami con la Cina, interessi con la Cina o non si spiega, a questo punto intervenga il Copasir o i servizi, visto che va di moda». Che ne sa Salvini? Interviene Marco Zanni, europarlamentare della Lega, presidente gruppo Id (Identità e democrazia). «Enrico Letta conosce molto bene Pechino e nel suo curriculum vanta ruoli in grandi gruppi cinesi: è quindi estremamente preoccupante la sua posizione a favore dei veicoli elettrici che sono un business del Dragone».

 

 

LA VIA DELLA SETA
Il curriculum ufficiale rintracciabile sul Web di Enrico Letta si ferma al 2013. Una ricerca su internet permette però di rintracciare un comunicato stampa di una ditta cinese. «Pechino, 8 agosto 2019 /PRNewswire/ -- Mentre la Cina celebra i 40 anni della sua politica di Riforma e Apertura e continua a guidare l'iniziativa globale della Via della Seta, l'azienda cinese ToJoy sta dimostrando un impegno costante nel business globale accogliendo talenti internazionali di alto livello. Lo scorso luglio l'ex premier italiano Enrico Letta e l'ex premier austriaco Werner Faymann sono entrati a far parte di ToJoy come co-presidenti di ToJoy Western Europe». Ma perché Letta ha fatto questa scelta gialla? Il comunicato prosegue: «Mr Letta e Mr Faymann si uniscono ad altri ex capi di stato che lavorano con ToJoy, tra cui l'ex presidente costaricano José María Figueres, l'ex presidente serbo Boris Tadie l'ex primo ministro belga Yves Leterme . Avranno un ruolo attivo nella promozione della strategia di internazionalizzazione di ToJoy. L'azienda cinese è il più grande acceleratore di affari del Paese e ha creato una piattaforma di condivisione ecologica». Ah ecco, cinese sì, ma ecologica, molto sostenibile. (Per completezza d'informazione, nel momento in cui Letta è rientrato in politica, si è dimesso da ogni carica). 

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