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Gas, Ue-kamikaze: perché il nuovo piano può far saltare l'Italia

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Sandro Iacometti
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Che la Ue abbia deciso di reagire è un dato di fatto. Si tratta di capire come. Ieri Ursula von der Leyen ha ribadito che la Ue è decisa più che mai ad imporre un tetto al prezzo del gas russo. E lo stesso ha annunciato anche il presidente francese Emmanuel Macron dopo aver parlato, udite udite, con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, finora assai scettico sulle misure anti-Putin in campo energetico (ma pronto a rinnegare le politiche verdi lasciando aperte due centrali nucleari almeno fino al prossimo aprile). Epperò mentre cresce il nervosismo della Russia, che continua a minacciare di lasciarci a secco se non saltano le sanzioni, e quello dei mercati, il prezzo del gas ieri si è di nuovo impennato, toccando picchi di 290 euro per Mwh (ma chiudendo a 245, +14%) e trascinandosi dietro tutte le principali borse europee (Milano -2,01%), cosa abbia veramente intenzione di fare Bruxelles non è molto chiaro. Ieri, in vista del vertice straordinario di venerdi e dell'intervento della von der Leyen del 14, sono spuntati ben due "non paper", i documenti informali che la Ue fa circolare senza crismi di ufficialità, di quasi 20 pagine l'uno in cui si analizza la situazione, si scende nei dettagli e si propongono soluzioni. Ecco, i dettagli. Sul tavolo ci sono due opzioni principali: un tetto al prezzo del gas e possibili linee di credito d'emergenza per gli operatori del mercato energetico. Finché si rimane sul vago tutto bene. Quando si approfondisce, però, si scopre che tra le proposte c'è tutto e il contrario di tutto.

 

 

 


Mettere un tetto solo al gas russo o metterlo ad ogni flusso in entrata, solo sui metanodotti o anche su quello che arriva via rigassificatori, applicarlo per i consumatori al dettaglio o solo per l'energia elettrica prodotta dal metano. Ad un certo punto si ipotizza pure la possibilità di spostare il prezzo di riferimento dall'ormai famigerato Ttf di Amsterdam, regno della speculazione e delle sordide trame filo putiniane, al Jkm asiatico, mercato dove si scambia il Gnl.
 

 

 

SCIOCCHEZZA Una genialata? «Una sciocchezza», spiega a Libero Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity e super esperto di materie prime, «intanto il problema del Ttf, paradossalmente, è che non c'è più la speculazione, molti adesso hanno paura ad avvicinarsi a quel mercato, i volumi delle contrattazioni sono scese e così si spiegano le fortissime oscillazioni dei prezzi. Bastano pochi contratti per far impazzire le quotazioni». Quanto al Jkm asiatico, continua Torlizzi, «non capisco in che modo la Ue potrebbe costringere gli operatori privati a cambiare mercato di riferimento per il prezzo del combustibile. Bisognerebbe stracciare i contratti e costringere i fornitori ad obbedire ai compratori, cosa che non si è mai vista». Insomma, una roba fuori dal mondo. Deludente, secondo Torlizzi, è anche l'idea di applicare un tetto solo sui flussi di gas russi, che non sortirà alcun effetto se non indurre Mosca ad interrompere i flussi, come già sta accadendo e come del resto prevede lo stesso studio». La realtà, dice l'analista, è che «l'unica forma di price cap possibile è quella in cui sià l'Europa a farsi carico del delta tra il prezzo pagato ai fornitori esteri e quello che si applica sul mercato europeo. Quindi alla fine la Ue sarà costretta a mettere sul piatto svariate centinaia di miliardi di euro». Sempre lì si torna.A quel Recovery bis per fronteggiare la crisi energetica chiesto mesi fa da Mario Draghi («Perché nessuno Stato può farcela da solo»), rilanciato in questi giorni da Matteo Salvini (il famoso «scudo» europeo) ed invocato ora anche dall’Fondo monetario. Come ha sintetizzato il Financial Times, «secondo l’Fmi la a Ue ha bisogno di un nuovo fondo per aiutare a gestire il rallentamento degli Stati membri e pagare gli investimenti verdi». In altre parole, di un altro Pnrr. Senza aspettare che la crisi energetica diventi peggio del Covid».

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