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L'Ue ci obbliga a ristrutturare? Quando l'ideologia punisce i più deboli

Corrado Ocone
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La si potrebbe chiamare una ossessione quella della Commissione Europea di volere a tutti i costi non solo realizzare la transizione green ma di volerla portare a termine a tappe forzate, senza tener conto della situazione reale (che fra l'altro è mutata con la crisi energetica e l'inflazione) né dei «prevedibili effetti collaterali» delle decisioni prese. E pazienza se questi effetti toccano la vita e il benessere di tante persone! Ma il problema più che psicologico è schiettamente politico.

Se la politica è infatti l'arte della prudenza e della cautela, della concretezza, l'ideologia, che ne è una perversione, può essere definita la prassi dell'astrazione. E di pura ideologia qui si tratta. Non contenta di aver deciso che entro il 2035 tutte le auto non omologate a rigidi standard ambientali debbano essere rottamate, ora Bruxelles ha deciso di toccare il bene più prezioso che ci sia, l'emblema stesso della proprietà privata, cioè dell'elemento su cui dovrebbero reggersi le nostre società occidentali: la casa. Si è infatti appreso che la Commissione sta per preparare una direttiva, che dovrebbe essere emanata già il prossimo 24 gennaio per poi passare al voto del Parlamento, con la quale si obbliga i proprietari di immobili non conformi alle regole di "efficientamento" (sic!) energetico a ristrutturarli ed adeguarli entro il 2030. Da un rapido calcolo sembra che ben il sessanta per cento delle case italiane siano in queste condizioni.

In effetti, è proprio l'Italia che sarà colpita più degli altri Paesi dal provvedimento, sia perché siamo la nazione con più case di proprietà sia perché i proprietari delle stesse sono spesso persone niente affatto benestanti che sono arrivate a comprarsela con molte difficoltà e sacrifici e sono spesso ancora oberati dai mutui. Ora, come se non bastasse il peso delle tasse che da noi più che altrove grava sulla proprietà degli immobili, si aggiunge questa seconda "mazzata" che rischia veramente di far male a tanta povera gente.

Come nella migliore tradizione delle ideologie, che tante pessime e tragiche prove di sé hanno dato soprattutto nel secolo scorso, il rischio è però non solo quello di creare problemi economici non indifferenti a molte famiglie, ma anche di essere inutili: non è attraverso un migliore utilizzo delle fonti di calore di una casa che si ottengono quei risparmi consistenti in consumo di energia inquinante che sono il nostro problema. Il rischio concreto, voglio dire, è quello di una ennesima misura simbolica e inutile il cui prezzo sarà pagato dai più deboli. L'ostinazione dell'Unione europea attuale sulla marcia forzata da imporre al processo di transizione ecologica è indice non di forza ma di debolezza: quasi un mezzo di distrazione di massa dalla incapacità reiterata che Bruxelles sta dimostrando su temi veramente caldi come la difesa dei confini, la sicurezza, la difesa e la politica estera europee. Non ultimo è da considerare che, mostrando il suo volto più arcigno, l'Europa rischia di allontanarsi sempre più dal cuore dei suoi cittadini. Non bastano le istituzioni se non ci sono le guarnigioni. Il fatto è che un'Europa senza anima e senza condivisione è destinata a perire, prima o poi. Ma questo a Bruxelles fingono di non saperlo.

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