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Mar Rosso, le incretezze della Ue sulla missione: ecco gli schieramenti

Carlo Nicolato
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Unione Europea in ordine sparso anche sull’operazione anti-Houthi. Mentre Stati Uniti e Gran Bretagna bombardano rispondendo alla minaccia dei terroristi, l’intenzione di Bruxelles sarebbe quella di inviare nel Mar Rosso tre navi da guerra, ma a fare cosa ancora non si è capito. La Spagna del socialista Sanchez, ad esempio, si oppone a qualsiasi azione militare nella zona e ha già fatto sapere che in ogni caso la missione su cui si discute sarebbe “non esecutiva”, bensì di esclusivo supporto alla formazione e all’addestramento delle forze armate. La questione però verrà discussa con calma la prossima settimana, dopo il week end, mentre il capo della presunta politica estera europea Borrell, spagnolo pure lui, preferisce tacere sull’argomento sottolineando genericamente l’importanza della libera circolazione delle navi nel Mar Rosso. 

Qalla tempistica si pensa che le tre caravelle potrebbero partire per il Mar Rosso a fine febbraio, nella speranza forse che per tale data il problema sia già stato risolto dalle bombe alleate. La Ue insomma dimostra ancora una volta la sua inadeguatezza di fronte alle emergenze e la sua totale mancanza di peso e risolutezza in politica estera. Oltre al Regno Unito, comunque non Ue, gli unici europei che si sono schierati per aiutare gli americani contro i terroristi yemeniti sono stati la Danimarca, la Germania e in particolare i Paesi Bassi, che hanno fornito sostegno durante gli attacchi. «Essendo una nazione con una forte tradizione marinara, i Paesi Bassi attribuiscono grande importanza al diritto di libero passaggio e sostengono questa operazione mirata», ha scritto su X il premier ad interim Mark Rutte. Al di là della tradizione per l’Olanda è un problema economico di primaria importanza dal momento che il porto di Rotterdam, responsabile di circa l’8% della produzione economica dei Paesi Bassi, riceve attraverso il Canale di Suez più container di qualsiasi altro scalo marittimo europeo.

 

LIBERTÀ DI NAVIGAZIONE
E lo stesso dicasi per la Germania le cui ripercussioni economiche degli attacchi Houthi si sono già manifestate con la sospensione della produzione delle fabbriche Tesla per mancanza di componenti.

Berlino ha comunque fatto sapere di non possedere una capacità navale militare adeguata e sta prendendo in considerazione di inviare in zona un contingente di marinai che possa prestare servizio su una nave da guerra alleata o aiutare a coordinare la flotta multinazionale presso un quartier generale alleato.

La navigazione dei mercantili nel Mar Rosso tuttavia non è certamente meno importante per l’Italia e la Francia che infatti in zona hanno già navi militari, ma sia Roma che Parigi hanno per il momento preferito non fornire supporto alle azioni militari come hanno fatto le nazioni europee citate più l’Australia, il Bahrein, il Canada, la Nuova Zelanda e Corea del Sud. Il contrammiraglio francese Emmanuel Slaars, comandante congiunto delle forze francesi nella regione, ha affermato che il suo mandato è quello di garantire la libertà di navigazione proteggendo le navi provenienti dalla Francia o legate agli interessi francesi, ma non di prendere di mira gli Houthi.

 

OPERAZIONE AGENOR
In cosa potrebbe consistere dunque la missione europea di cui si dovrebbe discutere la prossima settimana? Secondo indiscrezioni interne dovrebbe trattarsi di una nuova operazione, autonoma da quella già esistente a guida americana chiamata Prosperity Guardian, ma basata su Agenor, un'altra operazione di sorveglianza congiunta a guida francese che copre l'intero Golfo, lo Stretto di Hormuz e parte del Mar Arabico e che è composta da nove Paesi europei (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo). La missione dovrebbe coinvolgere «almeno tre cacciatorpediniere o fregate antiaeree con capacità multi-missione per almeno un anno». 

Il problema a questo punto è mettere d’accordo i vari Stati del blocco che sulle finalità dell’operazione, vedi Spagna, hanno già preso posizioni simili a quelle assunte relativamente alla guerra a Gaza. Il che significa che l’Europa in quanto Unione Europea non potrà fare molto, mancando proprio di una visione politica comune e quindi di una vera e propria politica estera. È un altro passo indietro che allontana sempre di più Bruxelles dalle decisioni mondiali che contano. 

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