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Borrell, il nemico di Israele cresciuto in un kibbutz

Carlo Nicolato
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 Ci vorrà ancora qualche mese, almeno fino all’autunno prossimo, perché Josep Borrell si tolga dai piedi. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri è di fatto il capo della diplomazia europea, ma non c’è politico in Europa meno diplomatico, più dannoso e propenso alla gaffe del 76enne catalano.

Gli israeliani lo tenevano d’occhio da tempo, dai tempi in cui, giovane sognatore socialista, aveva lavorato come volontario presso il kibbutz Gal On, vicino a Kiriat Gat, dove conobbe la sua prima moglie, Carolina Mayeur, ebrea di origine francese con un debole per la causa palestinese. Da lei, dalla quale si separò nel 1997, il nostro Borrell ha ereditato un odio cieco per Israele che rimarrà una costante in tutta la sua successiva vita politica, in patria e all’estero. Ieri lo ha ribadito condannando come «provocatorio e pericoloso» l’annuncio del ministro israeliano delle Finanze Bezalel Smotrich di costruire 3.300 nuove unità negli insediamenti illegali in Cisgiordania, osservando che «gli insediamenti rendono israeliani e palestinesi meno sicuri, alimentano le tensioni, ostacolano gli sforzi di pace e costituiscono una grave violazione del diritto internazionale».

 

 

 

SULLA SCENA DA 40 ANNI

In quegli anni la carriera di Borrell aveva già preso il volo, eletto al Congresso spagnolo nel 1986, aveva ricoperto in rapida successione la carica di Segretario di Stato presso il ministero delle Finanze, quella di ministro dei Lavori pubblici e dei trasporti e infine di ministro dell'Ambiente. A fine secolo stava quasi per coronare il sogno di diventare primo ministro, ma dovette abbandonare la candidatura in seguito alla rivelazione che due dei suoi ex dipendenti al Tesoro avevano preso milioni di euro in tangenti da aziende che cercavano ispezioni fiscali favorevoli.

La successiva elezione nel 2004 al Parlamento europeo gli valse la presidenza dello stesso che mantenne fino al 2007, salvo poi scomparire dai radar della politica europea per un decennio. Lasciato l’Europarlamento nel 2009 Borrell è entrato nel consiglio d'amministrazione della società energetica Abengoa e nel 2010 è stato nominato presidente dell'Istituto Universitario Europeo con sede a Firenze, salvo dimettersi poco dopo per un presunto conflitto di interessi tra due incarichi.

Nel 2018 l'autorità di regolamentazione del mercato azionario spagnolo (CNMV) ha anche sanzionato Borrell per una vendita di 9.030 euro di azioni di Abengoa che appartenevano alla sua ex moglie, proprio la Mayeur, che nel frattempo aveva anche fatto parte dell’Ong Solidaridad Internacional e aveva vissuto in Palestina. È il prodromo del suo ritorno in politica. Ci pensa Pedro Sanchez a riacciuffarlo prima che scompaia nell’oblio, nominandolo ministro degli Esteri del suo primo governo.

 

 

 

«Era una persona che conoscevo a malapena, ma mi ha difeso... e so che lo ha fatto per convinzioni politiche, non per ragioni personali», ha scritto Sánchez nella sua autobiografia Manual de Resistencia. È il salto che gli permetterà di lì a poco di assumere a sorpresa l’incarico di Alto rappresentante. Per quali meriti? Sarebbe bastata una sommaria lista di gaffe collezionate dal socialista negli anni per convincere la Von s der Leyen a soprassedere.

In occasione del quarantennale della rivoluzione iraniana, ad esempio, Borrell sottolineò in una serie di tweet come l’Iran degli ayatollah si fosse evoluto nel tempo migliorando il tasso di alfabetizzazione e la condizione femminile, e come il futuro di Teheran fosse disgraziatamente legato all’eventuale rielezione diDonald Trump e alle sanzioni che quest’ultimo aveva imposto al Paese: «Altrimenti», scrisse, «il regime potrebbe riattivare il programma nucleare per scopi militari e moltiplicare i suoi interventi nella regione».

Da ministro degli Esteri del suo Paese, durante una conversazione sul futuro dell'Europa con gli studenti universitari di Madrid, se ne era uscito dicendo che «tutto quello che gli Stati Uniti hanno dovuto fare per ottenere l'indipendenza è stato uccidere quattro indiani, ma a parte questo, è stato molto facile». Dopo le vive rimostranze di alcuni gruppi di nativi americani Borrell è stato costretto alle scuse ufficiali. In un’altra occasione aveva detto che la politica americana con , il Venezuela era roba da cowboy. «Alcuni dicono che non è troppo diplomatico. Questo potrebbe essere un punto di forza ma anche un punto di debolezza», disse Pierre Moscovici alla nomina di Borrell.

 

FORTE CON I DEBOLI

Ma l’ex commissario europeo per gli affari economici e monetari non sapeva ancora che la vera debolezza del catalano era in realtà un’altra, quella di essere accondiscendente con i tiranni e al contrario aggressivo con i democratici. Nel febbraio del 2021 in visita a Mosca rimase sorprendentemente zitto e impacciato mentre il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov bollava l’Unione Europea come «partner inaffidabile», rideva delle conclusioni dell’Occidente sull’avvelenamento di Alexei Navalny, e in seguito cacciava a pedate i diplomatici Ue dal Paese. Lo scorso anno in visita a Pechino disse di fronte al ministro degli Esteri Wang Li che «al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite la Cina cerca di promuovere l’idea che i diritti economici e sociali hanno la precedenza sui diritti politici e sulle libertà individuali», lasciando allibiti quanti si battono realmente per i diritti umani in quel Paese. In Israele Borrell è stato dichiarato “persona non grata”. E forse non hanno tutti i torti. C.Nic.

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