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Pedro Sanchez, il "bacio della morte" di Elly Schlein: perché lo spagnolo è sotto scacco

Carlo Nicolato
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Elly Schlein esulta per la vittoria dei socialisti in Catalogna, la definisce «un bellissimo risultato» che «fa ben sperare per le forze progressiste europee». La segretaria del Pd però avrebbe dovuto approfondire un po’ meglio la questione, non fermarsi alla semplice lettura delle percentuali e delle distribuzioni dei seggi, e forse anche lei avrebbe realizzato che la vittoria di Salvador Illa alle elezioni catalane vale la sconfitta di Pedro Sanchez a quelle generali: i socialisti potranno certamente andare a governare ma il prezzo da pagare sarà elevatissimo, specie per il governo centrale, quello di Madrid.

Puigdemont infatti non ha alcuna intenzione di farsi da parte, di ritirarsi dalla politica come aveva assicurato nel caso avesse perso. Tutt'altro, vuole diventare lui il presidente della Generalitat. Un clamoroso voltafaccia? No, la granitica convinzione di avere in realtà vinto. Il quasi ex esule sostiene infatti che a essere «pienamente coerenti», cioè ragionando in termini catalani, il Psc può solo sommare i suoi voti con quelli di Comuns di Colau (di fatto l’ala locale di Sumar) raggiungendo appena 48 deputati. Sempre per coerenza, Junts invece può sommare i suoi seggi con gli altri indipendentisti, cioè con Erc raggiungendo 54 seggi, o addirittura 59 se si mettono in conto anche quelli di Cup. Il ragionamento ha una sua logica se si considera anche che, come ha sottolineato lo stesso Puigdemont, tra lui e Illa in Catalogna c’è la stessa distanza che interocorre tra Sanchez e Feijoo a Madrid. Nessuno governa con questi numeri, ma la guida della Generalitat non spetta ai socialisti, semmai agli indipendentisti guidati da Puigdemont che in quel gruppo è l’unico ad essere avanzato.

 

 

LA ZAPPA SUI PIEDI - Al premier tutto questo non va bene? I socialisti sono ancora convinti che il Puig si farà da parte come un bravo soldatino? Se lo tolgano dalla testa, d’altronde è stato lo stesso Sanchez a innescare la bomba Puigdemont accettando il suo aiuto e i suoi ricatti per formare il governo. È stato lui a farlo tornare dall’esilio grazie all’amnistia. Lui a promettere un referendum indipendentista sulla falsariga di quello illegale del 2017. Se Sanchez non è d’accordo Puigdemont farà cadere il governo di Madrid, e così sarà anche se Illa farà un governo con il Ppe, come già i socialisti stanno facendo a Barcellona. Ci penserà Erc a soccorrere Illa? Con i voti di Comuns è matematicamente possibile e anche storicamente lo è, dal momento che in passato è già capitato con i due presidenti del PSC, Pascual Maragall e José Montilla. Ma non conviene a Erc perché i suoi elettori lo vedrebbero come un tradimento all’indipendentismo consegnando di conseguenza le chiavi della governabilità della Spagna a Puigdemont.

Aragones lo sa bene e infatti dopo la sanguinosa sconfitta elettorale ha già dichiarato che comunque vada lui starà all’opposizione. Sanchez potrebbe passare alla linea dura, bloccando la legge di amnistia in Senato per impedire a Puigdemont di fare il presidente, ma sarebbe come tirarsi la classica zappa sui piedi. Capito Schlein? La vittoria dei socialisti in Catalogna è il risultato di un tranello dal quale le “forze progressiste europee” dovrebbero ben guardarsi, anziché guardarlo con ammirazione e speranza. La vera vittoria semmai è di Puigdemont che sta raccogliendo i frutti della sua strategia ricattatoria. Una generalitat guidata dall’esule non è certo una soluzione facile, ma è possibile, specie se il ricatto di Madrid continua a rinnovarsi.

 

 

INGOVERNABILITÀ - Se Sanchez non vuole perdere la Moncloa i vittoriosi socialisti catalani potrebbero essere costretti ad appoggiare un governo “indipendentista”, retto da Puigdemont. Certo, la ritrosia di Aragones non fa ben sperare, ma l’appello all’unità indipendentista lanciato ieri dal Puig potrebbe avere i suoi effetti.

L’alternativa più consistente rimane però il ritorno alle elezioni con la discreta possibilità che si formi un fronte nazionalista come quello del 2015 che portò al referendum per l’indipendenza del 2017. Con un altro referendum in arrivo per Puigdemont sarebbe un sogno che si avvera, una specie di ritorno napoleonico dopo 6 annidi esilio; per Erc forse l’unico modo per ritrovare i voti persi. Mentre per Sanchez un vero incubo, del quale solo lui è responsabile. 

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