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Jordan Bardella, l'intervista: "Destre unite per cambiare l'Europa"

Mauro Zanon
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Il Rassemblement national, come si chiama dal 2018 il partito fondato da Jean-Marie Le Pen e presieduto a lungo da sua figlia Marine (che oggi si è ritagliata un ruolo di guida da dietro le quinte come capogruppo all’Assemblée nationale e candidata alla presidenza francese) si presenta alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno con Jordan Bardella quale capolista. Bardella, origini italiane, giovane (ha 28 anni), ha ricevuto da Marine le redini del partito nel 2022. Con risultati notevoli. Anche alle europee la lista è accreditata al 32%, secondo gli ultimi sondaggi: quasi il doppio della lista guidata da Valérie Hayer, la candidata della macronista Renaissance.

Quali saranno le sue prime richieste se questa tendenza si confermerà nelle urne?
«Innanzitutto, non si può dare nulla per scontato finché il popolo francese non avrà preso la sua decisione. Dobbiamo essere molto prudenti con i sondaggi. Spero che i nostri elettori si mobilitino. Ma se otterremo un’ampia vittoria e il divario con la maggioranza di Emmanuel Macron sarà così grande come indicano i sondaggi, chiederò la dissoluzione dell’Assemblea nazionale, come previsto dalla nostra Costituzione. Solo un ritorno al popolo può permetterci di risolvere la crisi politica in cui si trova la Francia».

 

 

 

Qual è il progetto del Rassemblement national per l’Europa?
«Vogliamo un’Europa che abbracci il patriottismo economico con la preferenza europea negli appalti pubblici, un’Europa che preservi le sue filiere economiche dinanzi alla concorrenza sleale e un’Europa che protegga i popoli dall’ondata migratoria. Difendiamo anche un’Europa del nucleare, che crede nel progresso scientifico e nell’innovazione. Contrariamente al Rassemblement national, Renaissance, il movimento di Emmanuel Macron, è a favore della decrescita agricola, dell’ecologia punitiva e dell’allargamento infinito dell’Ue a 37 Stati, che sarebbe una follia. Rifiutano anche un serio controllo dell’immigrazione, il cui peso sui nostri conti pubblici, sulla nostra identità e sulla nostra sicurezza sta diventando insopportabile».

È d’accordo con Marion Maréchal, capolista di Reconquête alle europee, quando dice che l’unione delle destre è necessaria per avere un peso in Europa e vincere alle presidenziali del 2027?
«Abbiamo un’autorità e una precedenza sulle questioni europee, così come sull’immigrazione, l’insicurezza e l’identità. Reconquête non apporta alcun valore aggiunto programmatico rispetto al Rassemblement national. È giunto il momento di unire tutti gli elettori patrioti nell’unica lista che può vincere e sconfiggere Emmanuel Macron, quella del Rassemblement national. I sondaggi danno la mia lista in testa con oltre il 30%, mentre quella di Reconquête si aggira intorno alla soglia del 5%. Reconquête rischia di dividere il voto patriottico e di neutralizzarne una parte. In Europa, siamo pronti a formare un “supergruppo” dei patrioti in grado di influenzare le decisioni: nel Parlamento europeo, sempre più testi vengono decisi con sempre meno voti, e abbiamo un’opportunità storica per avere un peso che i patrioti non hanno mai avuto prima. In Francia, solo il Rassemblement national è in grado di raggiungere questo obiettivo».

Si vede più come un euroscettico o un euro-riformista? Quale scenario si aspetta dal voto europeo?
«Voglio riformare alcune regole perché sono contrario al modo in cui l’Unione Europea funziona attualmente e alle direzioni che sta prendendo. Non sono contro l’idea europea, anzi: è l’attuale Unione europea che sta allontanando i cittadini dall’idea europea e allontana l’Europa dalle fondamenta della sua civiltà. Sono fiducioso sul fatto che riusciremo a formare un grande gruppo in grado di cambiare le regole che ci stanno disarmando di fronte alle sfide del Ventunesimo secolo».

Cosa pensa del progetto del presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni di unire i partiti di destra in Europa?
«Ho un grande rispetto per Giorgia Meloni e per il suo governo, di cui fanno parte i nostri alleati storici della Lega di Matteo Salvini. Penso che i partiti patrioti e conservatori europei abbiano più cose in comune che differenze. L’approccio da lei avviato può cambiare l’Europa».

Il rapporto con l’AfD è irrecuperabile?
«Ci sono cose che non possiamo tollerare e ci siamo assunti le nostre responsabilità. Non possiamo minimizzare i crimini commessi durante i periodi più dolorosi della storia europea. È un errore politico e un errore morale».

I liberali e i socialisti hanno dato a Ursula von der Leyen un ultimatum: o con noi o con la destra. Sosterreste Ursula von der Leyen come presidente della Commissione?
«Non sosterremo Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Il suo bilancio? Una contrazione dell’industria europea con la crisi energetica e un ritardo economico dell’Europa rispetto agli Stati Uniti, un’immigrazione sempre più massiccia, nonostante i cittadini non la vogliono più, migliaia di contadini per le strade a causa di norme ispirate dal fanatismo ecologico, e non da un’ecologia ragionevole, e infine il divieto di vendita di veicoli con motori termici nel 2035, una catastrofe per la nostra industria automobilistica».

Il Rassemblement national continua a essere accusato di “putinofilia”, nonostante la vostra posizione sul capo del Cremlino sia cambiata. Cosa risponde a queste accuse?
«L’ho riconosciuto: c’è stata un’ingenuità collettiva sulle ambizioni di Vladimir Putin, e in Francia abbiamo rotto con questa ingenuità. Il regime russo è oggi una minaccia multidimensionale perla Francia e per l’Europa. La nostra linea è chiara: sostegno risoluto all’Ucraina, con l’invio di attrezzature che le consentano di resistere, ma senza rischiare un’escalation con una potenza nucleare come la Russia. L’ascesa del campo anti-occidentale deve essere vista come un campanello d’allarme: l’Europa deve riconquistare la propria autonomia strategica, in termini agricoli, industriali e militari, per poter garantire la propria difesa».

 

 

 

Quali sono oggi i principali pericoli per il futuro del Paese e le questioni a cui verrà data priorità in caso di elezione di Marine Le Pen nel 2027?
«L’immigrazione è una minaccia esistenziale per la Francia. Se andremo al potere, indiremo un referendum per riprendere il controllo dell’immigrazione. Ma anche la questione del potere d’acquisto, in particolare con i costi del carburante, e il rilancio della scuola sono sfide importanti. Avremo molto lavoro da fare per rimettere in piedi il nostro Paese, danneggiato da dieci anni di presidenza di Emmanuel Macron».

Pensa che questo governo stia sottovalutando il problema islamista? È preoccupato per la minaccia terroristica in vista dei Giochi Olimpici?
«Il governo francese non ha preso le misure del totalitarismo islamico. Ci sono ancora moschee radicali aperte e imam che predicano odio. Continuando nella sua follia migratoria, il governo sta rafforzando demograficamente questo islamismo. Nonostante i servizi di intelligence e di sicurezza francesi siano molto efficienti, sono ovviamente preoccupato per i Giochi Olimpici, ma più in generale per lo stato della Francia e per la minaccia islamista che incombe su di essa».

A breve pubblicherà il suo primo libro, un’autobiografia. Tre dei suoi nonni sono italiani, di cui due piemontesi. Qual è il suo rapporto con l’Italia e che ruolo hanno le sue origini italiane nella sua vita?
«Sto perfezionando il mio italiano e vado regolarmente in Italia, che è un Paese magnifico. E la cosa più italiana di me è probabilmente il mio amore smodato per la pasta (ride)».

 

 

 

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