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Mario Draghi: senza riforme la Ue rischia di sparire

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Vittoria Leoni
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Per crescere e ambire a un ruolo di rilievo globale, l’Europa ha bisogno di riforme immediate senza precedenti che devono coinvolgere tutti gli attori europei. Questo, in estrema sintesi, il nuovo, ennesimo, grido d’allarme lanciato nelle scorse ore dall’ex presidente della Bce, Mario Draghi, che ha anticipato alcuni dei punti cardine del suo “Rapporto sulla Competitività” durante l’incontro con il Comitato dei rappresentanti permanenti in Ue (gli ambasciatori dei Ventisette). L’intero Rapporto sarà ufficialmente presentato settimana prossima (il 9 settembre) a Bruxelles.

Si tratta di un corposo dossier di 400 pagine che si sviluppa in 5 macro-capitoli: produttività, riduzione delle dipendenze, clima, inclusione sociale e ricette per i singoli settori sulla base dei 10 principali dossier economici che toccano l’Ue. Davanti all’autorevole parterre, l’ex premier italiano fin da subito ha sottolineato la necessità e l’urgenza di intervenire nei settori chiave per rilanciare l’economia e levare “i freni strutturali” Ue a partire dai prezzi dell’energia, la mancanza di innovazione, il mercato dei capitali, le regole sulla concorrenza - e quindi anche gli aiuti di Stato-, la coesione, il gap di competenze, l’aumento degli investimenti ma anche la difesa.

 

Su quest’ultimo punto l’ex presidente della Banca Centrale Europea ha illustrato nel dettaglio la sua ricetta per rendere il comparto delle armi efficiente e competitivo, oltre che indipendente dal mercato degli Stati Uniti, il cui apporto in termini militari – considerata la possibile (ma non certo sicura) rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca – non potrà più essere dato per scontato nei prossimi anni.

Il piano targato Draghi va quindi letto anche come una sorta di tentativo strategico di andare incontro alle necessità di sviluppo di politici e imprenditori dell’industria militare. Un piccolo “esercito” di preparati esperti a lungo bloccati da vincoli legislativi che ostacolano la cooperazione in nome della concorrenza. E così una revisione delle regole in vigore finalizzata a rimuovere le barriere burocratiche consentirebbe di superare l’impasse aumentando il coordinamento transfrontaliero.

 

Oltre che alla difesa e alle armi, gli altri punti che Mario Draghi ha toccato ieri sono sembrati l’ennesima strigliata rivolta ai piani alti di Bruxelles che non finora, aldilà di tanti proclami ed annunci, non hanno mai alla fine deciso di varare importanti riforme atte a invertire marcia alla Ue, facendola crescere dal punto di vista economico, sul fronte della digitalizzazzione e dell’innovazione. Un monito che ormai deve essere portato avanti per far sì che la Ue non resti sempre più confinata ai margini del pianeta. E surclassata così da colossi del calibro di Cina, Usa e Russia.

L’ex numero uno della Bce ha, però, anche espresso soddisfazione sul fatto che molte delle proprie idee si possano già trovare nelle linee guida politiche presentate da Ursula von der Leyen a luglio per il suo secondo mandato. Ed ora spetterà ai leader della Ue, a tutti i parlamentari europei eletti, alle istituzioni Ue e agli Stati membri decidere come portare avanti il suo lavoro e trasformare le sue raccomandazioni in risultati concreti per i cittadini europei. «Grazie Draghi per l’importante conversazione sulla competitività dell’Europa e sulla strada da seguire. La nostra Unione deve essere attrezzata per affrontare le realtà economiche e geopolitiche attuali e future. Insieme siamo più forti» ha commentato sa caldo la presidente del Pe, Roberta Metsola, dopo l’incontro con i capigruppo, del tutto simile a quello avuto con gli Ambasciatori dei 27.

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