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Nuovi limiti sullo smog per accontentare l'Ue: ora non basterebbe neanche un lockdown

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Lorenzo Mottola
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Al ritmo martellante con cui brucia posti di lavoro nell’industria continentale, il piano verde Ue continua ad arricchirsi di aspetti ai confini della realtà. L’ultima notizia riguarda il Consiglio europeo, che ha approvato il nuovo piano per la qualità dell’aria, un insieme di norme che suggerisce l’idea che qualcuno a Bruxelles sia convinto di poter abolire lo smog per legge.
La direttiva prevede che le soglie limite per alcune sostanze inquinanti vengano drasticamente abbassate. Lo stesso verrà chiesto per il numero di giorni di sforamento di quegli stessi limiti. Per i Paesi che non riescono a contenersi, la pena sarà esemplare: viene stabilito che tutti i cittadini danneggiati possano fare causa al governo (o agli enti territoriali coinvolti, questo non è chiaro) e chiedere risarcimenti. Ovvero, il caos: qualunque malato di polmonite potrà con ragione pretendere un indennizzo dallo Stato sostenendo che l’origine sia il tubo di scappamento del vicino. A meno che non si riescano a rispettare tutte le nuove soglie. Ma va detto: non ce la faremo mai.

Entro il 2030 scatteranno le tagliole, anche se con la possibilità di chiedere delle proroghe per delle situazioni particolari. A giudicare dalle rilevazioni effettuate fino a oggi, infatti, per una regione “sfortunata” come la val Padana mettersi in regola sarà semplicemente impossibile. Va detto chiaro: non basterebbe neanche paralizzare il traffico urbano, come dimostra il fatto che neanche durante il lockdown Covid del 2020 si erano visti livelli sufficientemente bassi di Pm10. Per chi non conoscesse il tema, il problema del nord Italia è l’orografia: si tratta di una conca chiusa tra le montagne. C’è poco vento, di conseguenza l’aria ristagna mantenendo le polveri nell’aria.

 

Ovviamente, si tratta di una condizione comune anche ad altre regioni del mondo, ma non a molte. Questo ovviamente non significa che non si possa far nulla: la media di pm10 nell’aria di Milano (per fare un esempio) è passata dai 163 microgrammi per metro cubo del 2002 ai 49 del 2023. Risultati ottenuti con mezzi noti, caldaie e motori meno inquinanti e così via. Tutto ciò all’Europa non basta. Saremo chiamati a non superare una media di 20 microgrammi per metro cubo all’anno, puntando all’obiettivo dello zero assoluto nel 2050. Cifre ragionevoli? Non esattamente Ora, tutti ricorderanno quali erano i volumi di traffico durante il primo lockdown da Covid.

Stando ai dati del Cern, il traffico stradale nelle città si era ridotto fino al 60%. Ecco, non basterebbe neanche questo: durante il periodo più duro della pandemia in Lombardia il Pm10 si era ridotto di poco più del 20%. L’Europa invece ci chiede una riduzione di oltre il 50%. Pura fantasia, ammettendo che si voglia continuare a riscaldare le case... Come dicevamo, esiste una scappatoia: solo e soltanto grazie alle insistenze del governo italiano, il nostro Paese ha la possibilità di iniziare una serrata trattativa per chiedere una proroga al limite del 2030 per il Nord. Vista la tolleranza mostrata fino a oggi (come dimostra il limite per le auto a combustione del 2035 e la conseguente crisi nera del settore) è inutile farsi troppe illusioni.

Anche per quanto riguarda ciò che ne conseguirà: pioggia di denunce contro gli enti che – pur senza poter far nulla per contrastare la cosa – consentiranno all’uomo di inquinare l’aria. Non è la prima volta che qualcuno prova a risolvere la questione dello smog per via giudiziaria: anni fa Roberto Formigoni, Filippo Penati e Letizia Moratti (in qualità di amministratori di Regione, di Provincia e del Comune di Milano) vennero indagati per “getto pericoloso di cose” in qualità di responsabili per lo smog di Milano. Un delirio che ha fatto scuola.

 

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