Europa choc, lo studio: dove nel 2063 i bianchi saranno in minoranza

Gli immigrati passeranno da meno del 20% al 33,5% nei prossimi 25 anni Uno studio prevede che il governo non saprà gestire il cambiamento
di Matteo Legnanigiovedì 5 giugno 2025
Europa choc, lo studio: dove nel 2063 i bianchi saranno in minoranza
3' di lettura

Quando, un paio di settimane fa, parlando dell'immigrazione fuori controllo nel Regno Unito, il premier laburista Keir Starmer ha paventato il timore che il Paese diventi un’«isola di stranieri», molti nel suo partito lo hanno censurato arrivando a paragonarlo a Enoch Powell, celebre ultra-conservatore degli anni Sessanta e Settanta. In realtà, quello evocato da Starmer non sarà altro che il Regno Unito tra meno di 40 anni, quando i bambini bianchi britannici che stanno nascendo ora negli ospedali saranno parte della minoranza del Paese. L'inversione del rapporto tra britannici bianchi e non bianchi avverrà nel 2063, ossia fra 38 anni. A dirlo è un’analisi su dinamiche sociali, tassi di natalità e flussi immigratori condotta dal Centro per le Scienze Sociali Eterodosse dell’università di Buckingham che trae origine dai dati ufficiali dell’Ufficio Nazionale per le Statistiche (ONS).

Dice l’ONS che i britannici bianchi oggi costituiscono il 73% della popolazione del Regno Unito. Ma lo studio prevede che tra 25 anni caleranno al 57%, per scivolare allo status di minoranza nel 2063 ed entro la fine del secolo a meno del 34%. Tradotto, se oggi tre cittadini del Regno su quattro sono britannici bianchi, tra 75 anni saranno appena uno su tre. Viceversa, si prevede un grande aumento della percentuale della popolazione composta da immigrati di prima e seconda generazione, che passeranno da meno del 20% al 33,5% nei prossimi 25 anni. E si pronostica che entro il 2100 sei persone su dieci non saranno nate nello UK o avranno almeno un genitore immigrato. Lo studio analizza anche la popolazione islamica del Paese, che al momento costituisce il 7% del totale per effetto, per lo più, della folta componente di cittadini immigrati dal Pakistan a partire dagli anni 1960. E prevede che tale percentuale salga oltre l’11% nei prossimi 25 anni e sfiori il 20% entro la fine del secolo in corso, quando un cittadino britannico su cinque sarà seguace di Allah.

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Matt Goodwin, il professore che ha coordinato l’analisi, solleva «questioni profonde sulla capacità dello Stato di assorbire e gestire un cambiamento demografico di tale portata». Nel suo rapporto, afferma che i risultati susciteranno certamente «un notevole grado di ansia, preoccupazione e opposizione politica» tra chi è favorevole a una riduzione dell’immigrazione e a un rallentamento del ritmo del cambiamento, al fine di preservare «i simboli, le tradizioni, la cultura e lo stile di vita del gruppo maggioritario tradizionale». Aggiunge anche, il professor Goodwin, che «le loro preoccupazioni dovranno essere riconosciute, rispettate e affrontate se il Regno Unito vuole evitare una notevole turbolenza politica e polarizzazione negli anni e nei decenni a venire», cosa che riporterebbe d’attualità il celebre discorso sui «rivers of blood» pronunciato nel 1968 (quando nel Paese si registrarono le prime gravi tensioni razziali) da Enoch Powell, che pronosticò lo scorrere di «fiumi di sangue» nelle strade inglesi in assenza di un controllo severo del fenomeno immigratorio.

A lasciare inascoltato più che mai il monito di Powell è stato, nel 2023, il governo conservatore guidato da Rishi Sunak che in quell’anno ha permesso a oltre 900mila stranieri di sbarcare sull’isola, stabilendo un poco invidiabile primato nella storia del Paese. Il piano al quale i Tories avevano a lungo lavorato per delocalizzare in Rwanda coloro che fanno richiesta di asilo politico nel Regno Unito era stato sì approvato dal Parlamento dopo un lungo dibattito, ma non era mai stato implementato e con l’ascesa al governo dei laburisti nel luglio 2024 è infine stato abolito. Starmer e i suoi, tuttavia, stanno ora tessendo la tela in Europa dell’est per poter aprire quelli che, nel loro vulgo politicamente corretto, hanno definito “centri di rimpatrio”, dove spedire coloro che si sono visti respingere la richiesta di asilo in Gran Bretagna. La Brexit non ha, fin qui, portato i risultati sperati dai suoi promotori, anche in conseguenza dei continui sbarchi sulle coste della Manica di migranti dalla Francia. Proprio sabato scorso le autorità britanniche ne hanno registrato il picco, con quasi 1.200 arrivi in un solo giorno. Tanto che lunedì la segretaria agli Interni Yvette Cooper ha protestato in modo veemente con il collega francese Bruno Retailleau, a dimostrazione di quanto l’immigrazione nel Regno sia arrivata a spaventare persino i laburisti.

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