Libero logo

L'Europa allargata è già un fallimento

Ufficialmente i candidati a entrare nella #Ue sono 9, ognuno dei quali avrebbe diritto di veto per bloccare Bruxelles
di Costanza Cavallimartedì 4 novembre 2025
L'Europa allargata è già un fallimento

4' di lettura

In un’area poco più grande del Trentino-Alto Adige ma con gli abitanti di Palermo appena, il Montenegro è capofila degli Stati che bussano alle porte dell’Unione europea. La Commissione ritiene che il Paese sia in grado di chiudere i capitoli negoziali (le 35 materie in cui un candidato deve allineare la propria legislazione a quella Ue per poter aderire) prima della fine del 2026. Dopodiché si dovrà iniziare a scrivere il trattato di adesione. Se tutto andrà secondo i piani del governo del primo ministro Milojko Spajic, l’ingresso di Podgorica potrebbe avvenire entro due anni.

A stretto giro, al più tardi nel 2030, potrebbe essere la volta dell’Albania: il premier Edi Rama ha stilato un ambizioso calendario con l’obiettivo di chiudere tutti i capitoli negoziali entro la fine del 2027. Per riuscirci, dallo scorso settembre Rama ha fatto spazio tra i banchi del governo a un ministro digitale. Generato con l’intelligenza artificiale, gli è stato dato il nome Diella (“sole”, in albanese) e ha il compito, tutto analogico, di migliorare gli appalti pubblici ed eliminare la corruzione. Diella è una donna, veste in abiti tradizionali ed è appena stato annunciato che «è incinta di 83 figli digitali», ha detto il primo ministro. Diventeranno tutti assistenti parlamentari.

Carri armati, aerei, navi da guerra: Berlino si riarma

Dopo decenni di pacifismo strategico, la Germania ha tracciato una svolta storica: sotto la guida del cancelliere Friedr...

Spajic e Rama saranno a Bruxelles oggi, per il vertice in cui verrà presentato il pacchetto sull’allargamento 2025 della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, l’esercizio annuale con cui esprime i giudizi sui progressi realizzati dai candidati nel percorso di adesione. Della lista fanno parte anche Bosnia-Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldova, Serbia, Turchia, Ucraina. Ci sarebbe stato anche il Kosovo, che ha presentato domanda nel dicembre 2022, se non fosse che il processo è bloccato perché Cipro, Spagna, Grecia, Romania e Slovacchia non lo riconoscono come Stato sovrano. E dopo l’invasione russa dell’Ucraina e alla luce della guerra ibrida di Mosca, si è tornato a parlare anche di un possibile ingresso di Norvegia e Islanda.

Finora ci si è sempre concentrati sulle mancanze e le lungaggini dei questuanti: nei Balcani occidentali, alla Macedonia del Nord, dopo aver dovuto risolvere la questione del nome con la Grecia attraverso l’accordo di Prespa nel 2019 e sulle rivendicazioni del patrimonio dell’antica Macedonia, resta da affrontare il problema della minoranza bulgara. La Bosnia-Erzegovina è impantanata nelle conseguenze dell’accordo di Dayton, che nel 1995 mise fine alla guerra ma ha creato una struttura istituzionale diventata ostacolo per le riforme.

La Serbia sta negoziando dal 2014, ma ha dovuto affrontare un calo del sostegno pubblico, passato da oltre il 70% nei primi anni 2000 al 40% di oggi, e le posizioni di Belgrado si sono fatte via via più vicine al Cremlino (tanto che la Commissione ha parlato di un «arretramento parziale» sulle condizioni di ingresso, in particolare democrazia e libertà fondamentali).

Ucraina e Moldova, candidati da giugno 2022, nell’ultimo anno hanno compiuto il più grande balzo in avanti in termini di aggiustamento tecnico mai registrato. Kiev conduce le riforme mentre si difende dall’aggressione russa, Chisinau affronta lo stesso nemico online (basti ricordare le campagne su TikTok contro la presidente europeista Maia Sandu) e sul territorio (l’enclave separatista filorussa della Transnistria). Sono stati congelati, infine, i processi di Georgia e Turchia, troppo filorusso il governo di Sogno georgiano nel primo caso, troppo “autoritario” il secondo.

Così droni e superarmi lasciano l'Ue indifesa

Il primo conflitto mondiale iniziò nel 1914 con le divise ottocentesche, e nel fango delle trincee divenne la pri...

I problemi, però, non sono da risolvere solo ai confini: le critiche sono arrivate proprio da uno dei candidati, dall’Albania, il cui premier ha utilizzato una metafora letteraria per dire ai burocrati di Bruxelles che Tirana «è Estragone, mentre l’Unione europea è Samuel Beckett». Per quanto von der Leyen abbia parlato a più riprese di «riunificazione dell’Europa» e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa dica continuamente che «l’allargamento è il miglior investimento geopolitico che l’Unione possa fare», i legislatori fanno notare che l’allargamento va ben al di là di una decisione politica: «C’è molto lavoro tecnico da fare», ha spiegato a Euronews Zselyke Csaky, ricercatore senior presso il Centro per le riforme europee. Il nostro pachiderma burocratico già arranca a 27 membri, come farlo procedere a 36 membri, ciascuno con diritto di veto, con una Commissione affollata e un Europarlamento zeppo, in una dimensione continentale e nel contesto geopolitico che verrà?

Negli ultimi mesi, e da più parti, sono state stilate diverse soluzioni: dalle clausole passerella (un modo per passare alla maggioranza qualificata cercando di ammorbidire gli obblighi di unanimità) alle modifiche mirate ai trattati (per esempio per sanzionare le violazioni sistematiche allo stato di diritto) fino alle cooperazioni nel settore della politica estera e di difesa tra singoli Paesi, senza più la necessità che tutti si muovano allo stesso ritmo. Un’Europa a cerchi concentrici, com’era nel disegno del «federalismo pragmatico» di Mario Draghi. Con il rischio, come oggi, che il vortice ci afferri le scarpe, i calcagni, le caviglie.

Belgio, basi Nato nel mirino: 2 raid, paura e mistero

Ancora paura e mistero nei cieli d'Europa. Negli ultimi giorni, dei droni misteriosi hanno sorvolato due installazio...