Roma, 25 set. - (Adnkronos/Ign) - "Anche Gesù 'usava' i linguaggi di tweet e della tv". Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura e ideatore del 'Cortile dei Gentili', sorprende così la platea del Tempio di Adriano, che ospita i direttori delle maggiori testate italiane per il 'Cortile dei Giornalisti' sul rapporto tra fede e ragione, verità e coscienza. "Potremmo arrivare a dire - spiega infatti Ravasi - che Gesù già si esprimeva come chi scrive oggi su twitter, con frasi che spesso non arrivavano a 100 'caratteri spazi compresi', mentre le sue parabole possono essere paragonate a sceneggiature televisive". Il porporato, conversando sul palco con il fondatore di 'Repubblica' Eugenio Scalfari, destinatario della 'Lettera a chi non crede' scritta da papa Francesco, ricorda alcune "indicazioni sintetiche e per questo efficaci", espresse da Gesù e presenti nei Vangeli: da "Il Regno dei Cieli è vicino: convertitevi!" ad "Ama il prossimo tuo come te stesso", o ancora "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Ravasi sottolinea che "è sistematico l'uso da parte di Gesù della frase essenziale, tipica dell'odierno 'tweet'; mentre il pensiero viene spesso articolato con parabole costruite in modo 'televisivo' o 'cinematografico', basti pensare ai racconti sul buon samaritano o sul figliol prodigo". Tornando al mondo di oggi, il cardinale afferma che "anche per il mondo ecclesiastico, interessarsi alla comunicazione è un obbligo se non si vuol restare fuori dal mondo. Del resto, non è sempre Gesù che ha esortato: 'Andate e predicate'?. Ma anche il mondo della comunicazione, anche quella tecnologica, a sua volta si rifà a termini che sono assolutamente teologici, basti pensare ad esempio al termine 'icona' sul desk". Le parole del cardinale Ravasi alimentano il dibattito, moderato dall'ex direttore di Sky Tg24, Emilio Carelli, sui temi dell'informazione e della religione, declinati nel rapporto tra fede e ragione, tra verità e coscienza, tra realta' e interpretazione. "La verità è il problema essenziale - sottolinea il fondatore di 'Repubblica', Eugenio Scalfari -. La verità che noi cerchiamo è una ricerca che contemporaneamente è esterna nel mondo che ci circonda e interna al nostro essere. Se l'istinto basilare della nostra specie è quello di sopravvivenza, questo si coniuga in due istinti entrambi presenti nell'uomo: l'amore per se stesso e l'amore per gli altri. In questo equilibrio rientrano i nostri istinti e di conseguenza le azioni personali e le reazioni alle azioni degli altri. L'incontro fra cristiani e non credenti deve essere un lievito per una terra che merita di essere fertilizzata meglio di quanto oggi non sia". Il direttore del 'Corriere della sera' Ferruccio de Bortoli mette al centro dell'attenzione "il rispetto della persona, perché il giornalismo può macchiarsi anche della colpa di distruggere gli individui. Dobbiamo riflettere sull'etica della nostra professione e non ritenere mai di essere depositari della verità, facendoci accompagnare sempre dal beneficio laico del dubbio". Mauro Calabresi, direttore della 'Stampa', afferma di "non credere alla verità assoluta dell'informazione, ma alla presentazione delle cose per quello che sono e nelle loro dimensioni corrette, il che e' l'esatto contrario del sensazionalismo e dello scandalismo". Per il direttore di 'Repubblica' Ezio Mauro, "la prima declinazione della verità nel giornalismo deve essere l'onestà nei confronti dei lettori e dei giornalisti della propria redazione, ricercando il significato degli eventi, leggendoli con lealtà, proiettandosi sulle loro conseguenze e infine adoperandosi in uno sforzo di traduzione, con senso di responsabilità ed esprimendo in modo trasparente la nostra idea. Si sceglie un quotidiano non solo e non più per sapere, ma per capire cosa è successo". Un richiamo alla "laicità dei comportamenti, sia dei cittadini che dei fedeli, sia nei confronti dello Stato che della Chiesa" viene fatto dal direttore del 'Sole 24 Ore' Roberto Napoletano, che si appella "alla verità dei numeri, delle cifre, che spesso raccontano più di tante parole". Mentre Virman Cusenza, direttore del 'Messaggero', pone l'accento sul "dubbio, che contraddistingue sia la fede che la ragione e che e' un elemento imprescindibile e caratterizzante del giornalismo". Il 'Cortile dei Giornalisti' - che ha riempito la sala del Tempio di Adriano con la presenza di tante personalità del mondo dell'informazione, fra cui l'editore del gruppo AdnKronos Giuseppe Marra, e di quello ecclesiastico, come padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa del Vaticano - ha anche analizzato la figura di Francesco in rapporto al suo effetto 'mediatico'. "Le agenzie di stampa sono fondamentali nel rapporto tra informazione e verità", ha osservato il Cardinal Ravasi, e il fatto che l'AdnKronos abbia compiuto 50 anni di vita "ne è una indiretta dimostrazione"."La notizia è un dato che deve riguardare la realtà, al di là del fatto di avere al suo interno anche una interpretazione - ricorda il cardinale, che ha ideato e guida il 'Cortile dei Gentili' sul rapporto fra cristiani e non credenti - e come tale la funzione delle agenzie di stampa è preziosa e rappresenta anche una via iniziale di decifrazione del senso di una notizia". Da qui, avverte Ravasi, "deriva una grande responsabilità dei giornalisti che lavorano nelle agenzie di stampa, perché in molti casi i loro articoli sono assunti direttamente e fatti propri dal resto del mondo dell'informazione. Credo che questo senso di responsabilità appartenga alle agenzie di stampa, che sono il primo 'portale' attraverso il quale si entra nella realtà e per tanti addirittura la porta unica di accesso". Il direttore di 'Avvenire' Marco Tarquinio ha sottolineato come il quotidiano della Conferenza Episcopale italiana "sia l'unico giornale ad aver aumentato il numero delle copie vendute, siamo diventati un caso analizzato in Europa. E questo successo non può non mettersi in relazione anche e soprattutto con l'interesse che suscita il Papa e la vita della Chiesa". Dal suo canto, Giovanni Maria Vian, direttore dell'Osservatore Romano, ha evidenziato "la dimensione internazionale del quotidiano della Santa Sede, che si specchia nella universalità della Chiesa cattolica e del Papa".