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Ucraina, le risposte che l'Europa deve subito dare su esercito unico ed energia

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Andrea Pasini

Andrea Pasini
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Duole dirlo ma dalla sua creazione a oggi, l’Europa non ha mai dimostrato unità e forza. Parlo di quei valori che sarebbero dovuti essere condivisi da tutti gli Stati membri e che avrebbero dovuto assicurare che nella società prevalesse il pluralismo, la tolleranza, la giustizia, la solidarietà, la non discriminazione e l'uguaglianza. Su questi valori, l’Europa avrebbe dovuto promuovere la pace, costruire il benessere dei suoi cittadini; offrire libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, adottando al contempo misure adeguate alle frontiere esterne per regolamentare l'asilo e l'immigrazione e prevenire e combattere la criminalità; creare un mercato interno; avviare uno sviluppo sostenibile basato su una crescita economica equilibrata, sulla stabilità dei prezzi e su un’economia di mercato altamente competitiva, con piena occupazione e progresso sociale; proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente; promuovere il progresso scientifico e tecnologico; lottare contro l’esclusione sociale e la discriminazione; promuovere la giustizia e la protezione sociale la parità tra donne e uomini e la tutela dei diritti del minore; rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale e la solidarietà tra i paesi dell’UE; rispettare la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e istituire un’unione economica e monetaria con l'euro come moneta unica. 

L’Europa avrebbe poi dovuto perseguire una serie di obiettivi nel più ampio contesto mondiale come sostenere e promuovere i suoi valori e interessi; contribuire alla pace, alla sicurezza e allo sviluppo sostenibile della Terra; contribuire alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani; assicurare il rigoroso rispetto del diritto internazionale. Ma tutti questi valori sono rimasti solo sulla carta e non si sono mai realmente concretizzati. Un vero peccato!

Fino ad oggi, l’Europa è esistita per far fronte alle crisi che inevitabilmente hanno colpito i suoi Stati membri e hanno resto necessaria una sorta di collaborazione. Talvolta ho anche messo in discussione la mancanza di quest’ultima, l’assenza di volontà ad agire in maniera concreta, ma non posso al tempo stesso negare ciò che è stato fatto durante la pandemia.

Due anni fa non avremmo mai immaginato di poter emettere bond o creare debito comune. Eppure la risposta dell’Unione Europea alla pandemia è stata di quelle che lasciano il segno, che cambiano il corso degli eventi e della storia. Non solo per l’enormità delle risorse messe in campo per aiutare i singoli Paesi, ma anche per l’importanza di essere riusciti a far convergere, a far sedere al tavolo della solidarietà, anche i Paesi più ostili. Il dramma del Covid ha reso l’Europa oggettivamente più forte. Un’Unione Europea che ha fatto della solidarietà il suo punto di forza. Un’Unione Europea che da lontano, come è spesso sembrava, non è mai stata così vicina ai suoi cittadini. Oggi cresce ogni giorno di più il sentimento di un’Europa che ci protegge, di un’Europa unita e di un’Europa più forte.

Ora stiamo vivendo qualcosa che non avremmo mai pensato di poter vivere e questo succede subito dopo un’altra grande crisi, che intendiamoci ancora non è del tutto terminata. Siamo, infatti, di fronte a una guerra. Una guerra che la maggior parte di noi vede per la prima volta vicina nella sua atrocità. L’Unione Europea stessa non aveva mai conosciuto nulla di simile, alle porte dei propri confini. La guerra in Ucraina ha un nome e un cognome, quello di Vladimir Putin che, con un’invasione violenta, ha violato la sovranità del popolo ucraino, calpestando ogni diritto internazionale.

La risposta dell’UE è stata immediata, unita e decisa, attraverso le sanzioni e la solidarietà. A queste si è aggiunto il calore di un popolo che ha fatto sentire la propria voce in ogni piazza, in ogni strada europea. Un popolo fiero, unito e forte. Oggi abbiamo il dovere di trasformare l’immediatezza di questa risposta in impegno e in riforme che facciano sì che anche da questa crisi l’Europa possa uscire più coesa e più forte. Risolvendo una volta per tutte questioni legate solo a personalismi e a una politica che si mostra concreta solo per la salvaguardia del proprio stato e senza un’idea vera di comunità. È urgente discutere il grande tema della difesa comune. Non si può più rimandare, e questa guerra c’è lo sta insegnando. Un progetto che si è interrotto nel 1956 a causa delle divisioni interne al Parlamento Europeo. A quel tempo prevalse l’economia sulla politica. Oggi è tempo di ribaltare quell’approccio. Oggi più che mai serve percorrere la strada della politica. L’Europa deve avere un esercito unico, coeso e con attrezzature militare all’avanguardia perché la difesa dei nostri stati deve essere una priorità.

È poi impossibile rimandare ancora sul tema dell’energia. Proprio mentre l’Europa si preparava al grande piano del Green Deal europeo e del Fit for 55, la guerra, la frattura inevitabile con la Russia, ci ha portato di fronte al problema della nostra dipendenza energetica. Oggi ci rendiamo conto che in questa transizione non possiamo fare a meno del gas e del nucleare. Possiamo e dobbiamo accelerare sulle rinnovabili, ma non è facile. Innanzitutto perché oggi più che mai serve dare un taglio forte alla burocrazia che troppo spesso rallenta e impedisce la transizione. E al contempo dobbiamo diversificare i nostri approvvigionamenti energetici, per ridurre la dipendenza da singoli Paesi, finché non sarà possibile, grazie alle rinnovabili, diventare autonomi da importazioni estere. E per concludere bisogno investire su una un’autonomia agricola. Dobbiamo incentivare chi coltiva colture di cereali che sono alla base della maggior parte dei prodotti di prima necessità e che sono alla base dell’alimentazione degli animali e che servono per il nutrimento dell’uomo.

Per fare tutto ciò, è chiaro servono soldi: per questo dobbiamo continuare sulla strada tracciata dal Recovery Plan, riformando le regole del patto di stabilità e crescita per consentire investimenti pubblici sul clima e sul digitale. L’Europa deve saper cogliere e vincere queste sfide. Ora deve dare il meglio di sé perché la crisi che stiamo vivendo è una di quelle che si supera solo stando insieme. È tempo di fare l’Europa è tempo di essere Europa.

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