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Caso Capovani: rimettiamo la salute mentale al centro dell'agenda politica

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L’atroce omicidio di Barbara Capovani ha determinato una grande ondata di commozione e indignazione nel mondo della salute mentale e anche nell’opinione pubblica, ma nessuna risposta concreta da parte dei decisori politici sulle richieste indispensabili alla sopravvivenza dei Dipartimenti di Salute mentale. L’evento organizzato dal Coordinamento nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale italiani e da Motore Sanità dal titolo: “Le Istituzioni incontrano la salute mentale” (con il contributo incondizionato di Angelini Pharma, Otsuka, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson), in programma domani a Roma presso l’Hotel Nazionale (Sala Capranichetta), vuole aprire il dialogo tra i Direttori dei DSM (psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e medici delle dipendenze), i rappresentanti delle Società scientifiche, delle categorie professionali e degli altri ambiti sanitari che operano nell’emergenza e che affiancano i DSM nel lavoro quotidiano con le centinaia di migliaia di persone che hanno una sofferenza psichica e i rappresentanti delle istituzioni e i parlamentari. Obiettivo costruire una relazione virtuosa che riporti la salute mentale, con tutte le sue implicazioni politiche, sociali e di sicurezza al centro dell’interesse collettivo.

 

Mancano risorse economiche e di personale 

In Italia, specialmente dopo la pandemia, nonostante cresca continuamente il numero delle persone che presentano un disturbo mentale grave (soprattutto adolescenti), i Dipartimenti di Salute mentale sono allo stremo e non riescono più a garantire i LEA. “La presa in carico di un paziente grave necessita di continuità, prossimità e di un’équipe multidisciplinare che nessun privato può o vuole offrire. Ma le risorse di personale sono ben lontane dagli standard di AGENAS recentemente pubblicati e il finanziamento dei DSM è molto al di sotto della quota del 5% del FSN indicata dai Presidenti delle Regioni nel 2001”, sottolinea Giuseppe Ducci, Direttore DSM ASL Roma 1. “Appare inoltre urgente cambiare il codice penale, a cominciare dalla drastica riduzione della non imputabilità, dall’abolizione della pericolosità sociale di tipo psichiatrico, alla depenalizzazione dell’atto medico e riportare i servizi per la salute mentale ai compiti di prevenzione, cura e riabilitazione, lasciando alla giustizia i compiti di custodia”.

 

Nuove sfide da affrontare

“Serve garantire che i dipartimenti di salute mentale abbiano le risorse, ma anche le caratteristiche necessarie per affrontare nuove sfide dell’epidemiologia psichiatrica”, ha detto Michele Sanza, Direttore del Dipartimento di Salute mentale e dipendenze patologiche di Forlì-Cesena, Azienda Usl della Romagna. “In particolare – continua Sanza – occorre una forte integrazione con l’area di dipendenze e la continuità con la neuropsichiatria infantile. I nuovi bisogni sono caratterizzati da frequentissime comorbilità tra disturbi psichici e uso di sostanze e quadri clinici ove prevalgono la disregolazione emotiva e l’impulsività. I Dipartimenti di Salute Mentale hanno bisogno di integrare le diverse aree che operano per la salute mentale, sviluppare strategie di prevenzione in collaborazione con le Scuole e intercettare precocemente i disturbi prima che si aggravino”.

 

Preoccupati i professionisti

Carlo Fraticelli, già direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze di Como, ha portato alla luce il fatto che i professionisti, in prima persona e attraverso la voce delle proprie Società Scientifiche e degli organismi di coordinamento dell’area della salute mentale, stanno esprimendo preoccupazioni e sconcerto per le condizioni di lavoro e la carenza di risorse umane e strutturali. “La legge di riforma Orsini-Basaglia del 1978 è patrimonio tecnico-culturale ormai acquisito e irrinunciabile”, evidenzia. “È necessario oggi che il mondo della politica dia sostegno, forza e possibilità di lavorare in appropriatezza, sulla base delle proposte che i professionisti della salute mentale portano all’attenzione in maniera chiara e condivisa. Tre le grandi aree di intervento necessarie: modelli organizzativi, risorse adeguate ai bisogni, la gestione dei soggetti di reato”.

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