Applausi alla “Huchette”di Parigi per Maria Stella Milani con il monologo “Samedi soir il ne manquait que tu”

di Annamaria Piacentinimartedì 8 aprile 2025
Applausi alla “Huchette”di Parigi per Maria Stella Milani con il monologo “Samedi soir il ne manquait que tu”
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Di Maria Stella Milani, la bravissima interprete e sceneggiatrice italiana ne avevamo parlato proprio sul nostro giornale, forse tra i primi. Avevamo avuto ragione nel definirla splendida, capace di realizzare, alla sua giovane età, un monologo profondo, che punta alla vita, confrontandosi con i sentimenti. Maria Stella, la ragazza laureata con il massimo dei voti, scava le emozioni dell'anima, ha coraggio e non teme di farlo. Tradotto in italiano, il titolo è “Sabato mancavi solo tu”, una lunga riflessione, sofferta, implacabile, dove trova una soluzione, perché in qualche modo cerca di riconoscersi. “Alla Huchette il pubblico era molto attento ed entusiasta”,  ci racconta da Parigi, “hanno partecipato in tanti, rivolgendomi, alla fine, le domande sulla mia visione del teatro e del testo. Sono molto felice di questo risultato”. Ecco, come risponde alle mie domande:

Nel monologo c'è l'attesa di qualcosa, il sabato sera...ce ne parla?

“Siamo più liberi il sabato sera, e quando siamo pronti per uscire, c'è sempre qualcuno a cui pensiamo. Qualcuno che speriamo di incontrare...qualcuno che c'era e non c'è più. Le assenze si sentono, tentiamo di sanare il vuoto con l'illusione di presenze immaginarie, credendo di poter vivere anche senza ciò che ci manca. E quando la realtà ci raggiunge è già domenica…”

Da il senso di una storia d'amore oramai finita, nei confronti di qualcuno che è dentro di noi: è così?

“Il testo scava nella fessura tra alterità e normalità. L'amore tra madre e figlia. L'amore della madre per sé stessa. Poi, c'è l'amore carnale che lega le due donne agli uomini”.

Il dialogo è immaginario?

“Sì, astratto e inventato. Ma ciò che lo rende irreale è proprio perché parla di conoscere e riconoscere sé stessi. Lei immagina, ma non vive quei momenti. L'immaginazione supera la realtà ed è difficile esaminare la propria identità”.

Come si chiama la protagonista?

“La Femme”. I miei personaggi non hanno nomi propri”.

Si parla anche, non solo dell'amore, ma del rapporto tra madre e figlia. Cosa non va?

“La società impone un modello di donna, di madre e figlia perfetta. Il mio atto unico è un inno alle donne, madri e figlie imperfette. Non esistono madri esemplari, come non esistono figlie impeccabili. Nessuno ce lo insegna, come essere madri o figlie”.

Allora, cosa conta nella vita?

“Forse quello di saper ascoltare le debolezze dell’altro, avendo la pazienza di comprenderle. Accettarsi e riflettere di più”.

Il suo monologo ha avuto molto successo, pensa di portarlo anche nei teatri italiani?

“Attualmente lo spettacolo è in tournée in Francia con la compagnia “Insolence is Beautiful”, ma sto lavorando ad altri progetti”.

Così giovane, ha già capito il senso della vita, portando a teatro uno spettacolo che fa riflettere: è felice?

“Sì, ne sono molto fiera. Ho avuto l'opportunità di fare la lettura del testo in un teatro così importante di Parigi. I sacrifici, li ho fatti: ho studiato in Italia e a Londra, ora a Parigi, ma era ciò che volevo”.