UE e stati Uniti potrebbero aver trovato un accordo riguardo i dazi commerciali minacciati ad aprile dal presidente Trump. Dal vertice G7 in Canada arrivano indiscrezioni secondo le quali le tariffe potrebbero fermarsi a un 10%, percentuale ‘accettabile’ rispetto a quelle a due zeri o quelle, comunque, molto alte delle quali si è parlato fino alla comunicazione della sospensione di 90 giorni voluta dal Tycoon. Le voci non tranquillizzano il mondo del vino, come spiega a Libero Livio Buffo, ceo dell’agenzia di comunicazione Cenacoli e fondatore di oscarwine – uno dei siti di settore più letti in Italia, recentemente diventato freepress – che in questi giorni ha incontrato diversi produttori provenienti da tutta Italia.
Buffo, cosa è cambiato da aprile?
“Praticamente niente. La sospensione delle tariffe reciproche dal 10 aprile al 9 luglio hanno placato le borse ma non gli animi dei produttori di vino che sono tra color che sono sospesi, un limbo economico.”
Perché parla di limbo?
“Perché c’è incertezza e i cambi di umore di Trump non sono tranquillizzanti. Una mia amica esporta Barbaresco in California. I dazi hanno creato paura e non se la sente di fare previsioni a lungo termine; attualmente il loro importatore è tranquillo ma da qui a un anno potrebbe succedere di tutto e i consumi crollare anche se quanto accaduto anni fa allo Champagne li tranquillizza: i vini top di gamma li acquistano gli altospendenti quindi non dovrebbero esserci problemi per aumenti non esagerati. Però…”
Però altri non la pensano così.
“Esatto, il mercato del vino non è in fermento, almeno così si dice. Molte cantine riescono a compensare vendendo all’estero ma chi non ha i mezzi? Rimaniamo in Piemonte visto che ci siamo. Mi piace molto l’analisi di Pietro Monti, vicepresidente FIVI; per lui, i dazi statunitensi non fanno paura tanto per i prezzi quanto per il possibile ritorno nel vecchio continente del vino invenduto in America che andrebbe ad invadere un mercato saturo. Poi c’è la questione delle marginalità ridotte anche dalle spese di trasporto crescenti. Come vede, più andiamo a fondo maggiori sono i problemi che vengono fuori.”
Prima parlava di Barbaresco, gli altri fuoriclasse del vino che dicono.
“Conosco una delle famiglie storiche del Brunello. Ludovica Lisini, responsabile del commerciale della sua azienda, mi ha spiegato che a condizioni di dazi accettabili per loro cambierebbe poco: chi prima spendeva cifre importanti per una bottiglia non dovrebbe sentire la differenza di una decina di dollari. La cosa più interessante che mi ha raccontato riguarda i grandi importatori con i quali lavora: sono gli stessi americani a essere titubanti e qualcuno ha addirittura detto di voler aspettare settembre per tornare ad acquistare. Il mercato americano è fondamentale per molte nostre aziende e quanto sta accadendo sta generando come conseguenza antipatia verso Trump.”
Questo sentimento verso Trump cosa potrebbe comportare?
“Premessa. Dalla elezione di Trump, ricordo che il suo ritorno alla Casa Bianca è merito anche dei voti degli italiani d’America che sembrerebbe abbiano contribuito in maniera fondamentale. Prezzi alti dei nostri prodotti non farebbero contenta la nostra comunità: le prossime elezioni sono lontane ma gli italiani hanno la memoria lunga. Riguardo la simpatia verso Trump (parlo di economia non di politica), un’analisi interessante mi è arrivata dalla Franciacorta dove c’è chi preferisce concentrarsi su mercati come quello del Regno Unito piuttosto che su quello statunitense, ritenuto incerto.”
Quindi?
“Serve chiarezza e subito perché questo braccio di ferro Stati Unit Europa non aiuta. È banale dire che l’introduzione di tariffe potrebbe portare a un calo significativo delle vendite, è evidente. Piuttosto bisogna pensare a cosa potrebbe comportare per l’immagine del Made in Italy vinicolo, che potrebbe essere spodestato in alcune fasce di prezzo, e ai posti di lavoro che si potrebbero perdere nel nostro paese non solo nelle cantine ma anche nelle aziende della filiera: dai creativi ai produttori di imballaggi, senza contare il calo di lavoro per chi spedisce il vino e vende vetro e tappi. È una questione non da poco e serve una soluzione immediata.”