Buffo: “Da Pierino ai like, dai gettoni ai cloud, cosa abbiamo perso e guadagnato in 40 anni”

giovedì 26 giugno 2025
Buffo: “Da Pierino ai like, dai gettoni ai cloud, cosa abbiamo perso e guadagnato in 40 anni”
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La scomparsa di Alvaro Vitali e Lea Massari è diventata spunto di discussione durante un incontro a Roma tra giornalisti e studenti a Spazio Cenacoli.
Partendo dalla carriera dei due attori, Livio Buffo, Ceo dell’agenzia di comunicazione Cenacoli, ha discusso di scelte di vita e conseguenze sull’immagine e dell’evoluzione italiana degli ultimi 40 anni.

Alvaro Vitali e Lea Massari, cosa accomuna due attori lontani anni luce fra loro e soprattutto cosa li lega al mondo della comunicazione?
“Sono due esempi di sliding doors, come piace dire agli esterofili. Entrambi hanno iniziato la carriera lavorando con dei giganti del cinema per poi orientarsi su generi diversi, quello della commedia all’italiana di Vitali (tutti abbiamo riso con i suoi film, inutile negarlo), e quello più garbato per famiglie di Lea Massari. A un certo punto, i due attori hanno smesso di lavorare, il primo per l’esaurirsi di un filone e per una damnatio memorie verso il suo genere cinematografico, la seconda per scelta personale ma avrebbe potuto continuare senza problemi.”

Chiaro ma la comunicazione cosa c’entra?
“Confrontiamo i due generi alla comunicazione social. Il cinema di Vitali era sboccato, ripetitivo, infarcito di clichè e destinato a un pubblico quasi esclusivamente maschile: un filone che alla fine si è esaurito. Quello della Massari era discreto, rivolto al vasto pubblico delle famiglie, guardato da tutti. Sui social, se non cambi annoi e perdi appeal; alcuni influencer diventano schiavi di un personaggio come Vitali con Pierino e alla fine si trasformano in macchiette: inizialmente sono molto seguiti ma poi diventano bersaglio di hater e di prese in giro. Una comunicazione garbata, ben fatta, elegante, paga sempre: i numeri non saranno subito alti ma lo sarà la qualità dei follower e delle interazioni.”

Prima parlava di sliding doors…
“Esatto. Le scelte in comunicazione, soprattutto le prime, sono fondamentali perché in Italia non ti perdonano niente. Rimanendo in ambito cinematografico, ricorda Christian De Sica in Compagni di scuola? Lo schiaffo di Anagni di Ciardulli in arte Tony Brando ne è la perfetta sintesi. Un errore sui social può distruggerti la credibilità ma chi non fa sbagli nella vita? È come nei primissimi videogame: finita la vita, termina il gioco e non si possono inserire monetine per continuare. A meno che non intervenga un deus ex machina a salvarti sei finito. Oggi si pesa tutto in like: a farli crollare e a dimezzare i follower basta un nulla.”

Partendo dagli anni in cui lavoravano Vitali e la Massari, lei ha allargato il discorso sul sociale e la tecnologia.
“Reputo che quell’Italia sia stata straordinaria. Forse ogni tanto scadeva nel volgare ma c’era più educazione, non serviva il politicamente corretto - di cui oggi si abusa - e c’era il rispetto dei ruoli. Le stupidaggini si risolvevano a voce, senza avvocati, o si lasciava perdere se era inutile discutere. Per dirne una, se venivi bocciato a scuola i tuoi genitori te le davano di santa ragione ma non si rivolgevano al Tar per la povera creatura vittima dei troppi compiti e delle ingiustizie da parte dei professori. Poi c’è la questione sociale; alcuni diritti che mancavano sono stati garantiti con gli anni anche se per problemi culturali ne persistono altri come, per citarne uno, l’assenza di meritocrazia sul lavoro: continuiamo a parlare di quote rosa, un insulto alle donne.”

Andiamo sulla tecnologia.
“È banale ricordarlo ma internet e soprattutto gli smartphone hanno cambiato il mondo, dall’informazione immediata al poter contattare chiunque ovunque. Con i primi modelli, solo il fatto di avere un telefono portatile era un modo per i genitori di trovarti sempre o di chiedere aiuto se rimanevi per strada. Addio ai telefoni a gettoni. Poi, i navigatori hanno fatto scomparire i Tuttocittà e le cartine stradali dai cruscotti. Le fotocamere, infine, sono state la pietra tombale dei rullini ma qui il discorso di fa più ampio.”

Perché?
“La fotocamera, applicata a mail e chat ha svilito il valore degli scatti e cambiato la prospettiva di come si vedono le cose. Oggi, si condivide tutto, anche la foto di una minestrina; prima una foto costava e ci pensavi bene prima di fare uno scatto, per non parlare del terrore che non fosse venuta e l’attesa spasmodica della stampa. La quotidianità è diventata una ripresa in 16:9 o 9:16 a seconda del social dove andranno le immagini.  Per non parlare della mazzata alla socialità: ricordate quando ci si incontrava per vedere le foto delle vacanze? Oggi è tutto condiviso subito, non c’è attesa, bisogna essere i più veloci a cliccare su share.”

Nostalgico?
“Assolutamente no. Non augurerei mai a mia figlia di rimanere per strada la notte senza poter comunicare o (ride, nota del redattore) fare avanti e indietro col tasto del walkman per trovare la canzone che le piace, oppure riavvolgere il nastro fuoriuscito di una musicassetta con una matita. Il progresso ci ha dato tanto, è innegabile. Basterebbe tenere quanto funziona, migliorandolo. La frase ‘non se ne sentiva il bisogno’ è ancora valida. Però la questione dell’assenza di socializzazione e di nuovi pericoli rimane aperta.”

Quali?
“Gli smartphone sono le nuove bambinaie. Se da piccolo avessi provato a rimanere a casa, pur potendo uscire, mia madre mi avrebbe lanciato fuori dalla porta, spedendomi a giocare con gli amici; bastavano una bicicletta, due zaini per terra a fare da pali e un pallone per farci contenti. Oggi, buona parte dei genitori mette in mano ai bambini i telefonini per non farsi rompere le scatole. Tolta una serie di problemi medici che stanno emergendo e che lascio discutere agli esperti, i più piccoli hanno accesso a tutto, anche a quello che dovrebbe essere filtrato o non dovrebbero vedere (siti hard compresi) e possono essere contattati da tutti, pedofili compresi. Inoltre, le chat tolgono il gusto di vedersi. Le ultime generazioni vivono online, prendono esempio dagli influencer e stanno poco all’aria aperta: c’è anche chi ha perso la capacità di scrivere stando sempre sulla tastiera e crede che i like sui social misurino la sua importanza. Ovviamente la colpa è di noi genitori. La vita è nei cloud ed è iniziata ‘l’assenza di possesso’.”

Cosa intende?
“Oggi, è tutto su server: foto e video affidati ai drive, messaggi d’amore che hanno abbandonato la carta per migrare sulle chat. Fisicamente non possiedi niente e basta un danno al telefono, un mancato salvataggio, un abbonamento non pagato o altro per perdere tutto. Lo stesso vale per i film. Ricorda i cd, le VHS e i DVD? Quanti hanno ancora dentro casa un lettore? Ormai non si possiede nulla, è tutto online. Vuoi vedere un film? O hai un abbonamento o lo affitti ma sempre devi pagare. La musica? Nonostante un ritorno dei vinili, hai tutto sulle playlist. Prima compravi musica e film e li tenevi a casa, in libreria. La lenta scomparsa dei supporti ha portato a questo. Resistono i libri cartacei ma non per molto visto che sul web si possono trovare gratis (ovviamente è un reato) se sai come fare.”

In una intervista a Libero ha attaccato l’intelligenza artificiale.
“Non l’ho propriamente attaccata, ho spiegato che non è un Vangelo. Credo nell’utilità della tecnologia ma dipende sempre dall’uso che ne facciamo. Quando demandi a un software di creare messaggi al posto tuo, gli chiedi risposte o di fare lavori al posto tuo, si perde in curiosità, capacità di ricerca, creatività e produttività: vincono la pigrizia e l’accettazione che tutto quello che compare sullo schermo sia scritto nella pietra. Non si può lasciar fare tutto a una IA, viverla passivamente: può aiutare ma non deve sostituire il ragionamento umano.”

Lei ha un atteggiamento molto critico.
“Mi hanno insegnato che bisogna parlare di quello che non va, non di quello che funziona. Se volesse, la prossima volta potrei elencarle tutta una serie di vantaggi dati dai social e dalle nuove tecnologie ma a cosa servirebbe se già girano alla grande? Bisogna lavorare, invece, su quello che si può migliorare e tenere alta la guardia perché anche noi adulti siamo anestetizzati dalle nuove tecnologie.”