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Stato mafia, la figlia di Borsellino: "Sotto accusa chi aiutò mio padre". Difende i carabinieri, attacca i pm

Giovanni M. Jacobazzi
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«In questi anni, a proposito del processo trattativa, non ho mai voluto esprimermi anche se ho sempre avuto molti dubbi e perplessità sulle accuse da parte della Procura. E devo dire che i miei sospetti sono stati confermati dalla sentenza della Corte d’appello di Palermo». Lo ha affermato ieri, all’indomani della sentenza che ha assolto gli ufficiali del Ros dei carabinieri e Marcello Dell’Utri, Fiammetta Borsellino, la figlia del magistrato Paolo Borsellino, ucciso il 19 luglio 1992 da una Fiat 126 imbottita di tritolo in via D’Amelio a Palermo.

Signora Fiammetta, sono anni che si batte per la ricerca della verità sulla morte di suo padre. Cosa ha pensato alla notizia dell'assoluzione dei generali Mario Mori e Antonio Subranni?

«Mi chiedevo sempre come fosse possibile che uomini che erano stati al suo fianco potessero essere realmente artefici di una trattativa con gli esponenti di Cosa nostra, che invece avevano sempre combattuto».

Le sembrava assurdo?

«Ma sì. Del resto fu lo stesso Subranni aportare un'informativa all'allora procuratore di Palermo Pietro Giammanco, su un carico di tritolo destinato a mio padre. Ricordo ancora i pugni che mio padre diede sul tavolo quando raccontò a casa che il procuratore non lo aveva neppure avvisato».

Lei e la sua famiglia avete in molte occasioni fatto riferimento ad altre piste investigative che non sono state percorse. Ci può spiegare?

«Sono anni che sto chiedendo di approfondire il clima che mio padre viveva dentro la Procura di Palermo, che seppi aveva definito un "nido di vipere". Mio padre disse a mia madre che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo ma i suoi colleghi che lo avrebbero permesso».

 

 

Ha parlato in diverse occasioni del dossier "mafia appalti". Cosa c'entra nel procedimento sulla trattativa?

«Pur essendo passati ormai tanti anni, non mi capacito del fatto che nessuno abbia mai voluto fare luce sul perché venne archiviato questo dossier, a cui mio padre aveva manifestato di tenere moltissimo».

Di cosa trattava nello specifico questo dossier?

«Era un'informativa redatta da Mori e dall'allora capitano Giuseppe De Donno con Giovanni Falcone sul rapporto tra mafia, politica e appalti a livello nazionale. È anche per questo che la tesi della trattativa non mi ha mai convinta. Del resto bisognava farsele delle domande. Io me le ero poste. Oggi una sentenza ci ha dato una risposta di giustizia».

A Caltanissetta, sulla morte di suo padre, è arrivata la sentenza Borsellino Quater. I giudici riconoscono che l'accelerazione alla sua uccisione sia stata data proprio dal dossier mafia-appalti.

«Si, questo non lo dice la mia famiglia, lo dice una sentenza che l'elemento acceleratore è stato il dossier mafia e appalti archiviato con una richiesta della Procura vistata dal procuratore Giammanco il 22 luglio, cioè tre giorni dopo la morte di mio padre. E questo nonostante mio padre il 14 luglio avesse chiesto conto e ragione del perché a quel dossier non venisse dato ampio respiro, nell'occasione di una riunione nella Procura davanti a tutti i sostituti. Ci sono tutti i riscontri di questo che sto dicendo».

Aveva parlato anche dei Ros, suo padre, in quell'occasione?

«Si, disse che erano molto contrariati del fatto che non avesse avuto seguito».

 

 

 

Nella sentenza di primo grado del processo trattativa si negava che suo padre avesse persino mai letto il dossier mafia appalti.

«Ad avvalorare i miei dubbi intervenne anche questa menzogna: mio padre conosceva eccome il dossier mafia appalti e lo aveva letto già nel 1991 quando era in Procura a Marsala».

Mentre lei si poneva le domande più che legittime di cui ci ha detto, i media pubblicizzavano il processo. Cosa avrebbe pensato suo padre?

«Mio padre non scriveva libri sui suoi processi, preferiva andare nelle scuole per parlare ai ragazzi di cosa è la mafia. Su questa vicenda non avrebbe gradito il clamore mediatico che è stato dato in corso di processo».

 Il processo "trattativa", fra primo e secondo grado, si è svolto in circa 300 udienze.

«Non mi faccia dire nulla su quanto sarà costato questo processo. I pm andarono anche in Sud Africa per ascoltare dei testimoni».

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