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Stato di diritto demolito dalla Repubblica antifascista: ecco il peggio della sinistra italiana

Iuri Maria Prado
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La demolizione dello Stato di diritto è opera della Repubblica antifascista. Il regime fascista era uno Stato di diritto: osceno, infame, ma Stato di diritto. Il regime di poi, cioè il regime democratico, ha preso a demolirlo pretendendo di sostituirlo con uno Stato "giusto", orientando l'applicazione della legge verso il valore democratico, di volta in volta rappresentato dalla perequazione sociale, dalla lotta alla corruzione, dalla riaffermazione della questione morale, dalle mani pulite, tutte cose che occorreva assicurare con mezzi che secondo quell'allegro protocollo di rifondazione giustiziera cessavano di essere illeciti e diventavano accettabili perché rivolti al fine buono di quelle conquiste.

 

È stato il processo con cui la giustizia ha soverchiato il diritto. E quand'era giustizia "democratica", quand'era giustizia "antifascista", quand'era giustizia "antimafia", allora si trattava di una giustizia anche più giusta, e più giusto era piegare il diritto fino a farvelo aderire. Era in nome di quella giustizia che un pubblico ministero veneziano si ribellava alla sentenza assolutoria perché lui stava "dalla parte della gente" che invece reclamava una condanna. Era in nome di quella giustizia che un manipolo di persecutori milanesi giustapponeva la propria indignazione eversiva alla riforme sgradite, cioè quelle che "ingiustamente", secondo loro, limitavano la pratica del confessionale carcerario.

 

 

Ed è in nome di quella giustizia che la magistratura corporata, mentre si scoperchia in faccia a un Paese intero il paiolo maleodorante della malversazione giudiziaria, addebita al Governo della Repubblica di lavorare in favore delle cosche e per l'impunità della società corrotta. Ripristinare lo Stato di diritto vuol dire contrastare quella giustizia, la giustizia in nome della quale esso è stato fatto a pezzi. 

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