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Pnrr, rischiamo di perdere 3 miliardi di aiuti: le conseguenze di una giustizia-lumaca

Francesco Specchia
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Piove sempre sul bagnato. Il Csm non fa in tempo a bocciare - a sfregio, oseremmo la riforma Cartabia della Giustizia contestandone in blocco, in 142 pagine di pareri nient'affatto vellutati, sistema elettorale, test di professionalità e rigidità sui rapporti politica-magistratura, che subito la lucetta rossa si accende sugl'investimenti sulla suddetta riforma. Ora tocca ai target calcolati dal ministero della Giustizia per ottenere i fondi del Pnrr: ad oggi, nessun tribunale di primo o secondo grado li sta rispettando. E la cosa è seccante.

Lo certifica l'Osservatorio dei Conti Pubblici di Carlo Cottarelli, riportando l'ultimo rapporto della Commissione per l'efficacia della giustizia del Consiglio d'Europa (Cepej). Trattasi di un documento ispido, basato sui dati dal 2018, che ribadiva come l'Italia fosse tra i peggiori Paesi europei per quanto riguarda i tempi delle controversie civili. E la pandemia non ha affatto aiutato, anzi. La chiusura dei tribunali ha inoltre vanificato i lievi progressi registrati nel periodo 2014-2019; e il 2020 ha registrato un peggioramento del cosiddetto «disposition time», la misura utilizzata dal Cepej per valutare e comparare la rapidità dei sistemi giudiziari nell'Unione Europea. Per rispettare gli obiettivi imposti dal Pnrr, che prevedono una riduzione complessiva del disposition time del 40%, servirà una marcata inversione di tendenza, un deciso colpo di lombi.

 

 

IL NEMICO PEGGIORE - È banale: la lentezza dei processi e i mancati smaltimenti di pratiche negli uffici rimangono il nemico peggiore dei fondi europei. «Nel 2019 il disposition time medio in Italia era di 588 giorni per i tribunali e di 654 giorni per le Corti d'Appello: per definire un procedimento servivano dunque in media circa 19 mesi in primo grado e 21 in secondo», scrive il Consiglio d'Europa, «le chiusure di tribunali ed uffici giudiziari provocati dalla pandemia hanno interrotto i miglioramenti che stavano caratterizzando le tempistiche dei tribunali italiani. Sia i tribunali che le Corti d'Appello italiane avevano ininterrottamente ridotto il loro disposition time nel periodo 2014/2019». Il Covid ha ridotto l'intera attività ulteriormente del 22%, e se ne sentono gli effetti ancora; lo stock degli arretrati non è affatto diminuito. Continua il report: «Per quanto riguarda il secondo grado di giudizio, il peggioramento più evidente nel 2020 si è verificato nella Corte di Roma, che con quasi 4 annidi tempo di smaltimento supera Taranto diventando di fatto la più lenta d'Italia». E gli aumenti più consistenti del disposition time, una sorta di elegia della lentezza, sono stati osservati soprattutto nei tribunali del Mezzogiorno e delle Isole: un esempio è il tribunale di Vallo della Lucania, già il più lento nel 2019, il cui disposition time è più che triplicato nel 2020.

Esempi virtuosi di miglioramento del disposition time, invece, sono stati registrati nel 2020, seppure solo in 9 tribunali su 140. Fra questi spicca, per esempio, il Tribunale di Macerata, che ha ridotto il suo disposition di 75 giorni dal 2019 al 2020. I PO Nel 2021, invece, si osserva invece un netto miglioramento nei tempi di smaltimento delle procedure rispetto al primo anno di pandemia: «Solo 20 tribunali italiani (solo, ndr) hanno peggiorato le loro tempistiche nel 2021, mentre tutti gli altri hanno recuperato, sebbene non sempre ritornando ai tempi di smaltimento osservati nel 2019», recitano i dati.

 

Ma il problema è che, a botte di leggi delega, decreti attuativi e perfino regolamenti, entro il giugno 2026, secondo la tabella di marcia della ministra Cartabia, dovrebbero essere raggiunti degli obiettivi quantitativi di riduzione del 40% nei procedimenti civili «rispetto al valore del 2019». Cioè, la durata complessiva dei processi dovrebbe passare da 2.512 giorni a 1.507. Dovrebbe. Ma visto l'andazzo del «doppio cerchio della burocrazia, centrale e territoriale» - come lo chiama Giulio Tremonti- la fiducia nella rivoluzione è sempre più in fase calante. Lo stesso concetto vale per il processo penale dove i tempi delle procedure dovrebbero ridursi, più congruamente, del 10%. Certo, per arrivare al suddetto obiettivo della Cartabia, verranno investiti 2,26 miliardi di euro in assunzioni a tempo determinato di figure professionali (16.500) e staff tecnico-amministrativo (5.350) allo scopo di supportare i giudici nell'evasione di pratiche pendenti, entro il 2024.

PROGETTO AMBIZIOSO - In più, c'è l'encomiabile quanto ambizioso progetto di efficientare ben 290mila metri quadrati di uffici, tribunali e cittadelle giudiziarie, in 48 strutture diverse, con un investimento di un investimento di 411,7 milioni. Eppoi, c'è la faccenda del rafforzamento dell'«Ufficio del Processo» e del superamento delle disparità tra tribunali. Tutto perfetto. Ma, finora almeno, i buoni propositi sono rimasti in gran parte sulla carta. Come fare? Interventi strutturali e non ritocchi, una strategia di mobilitazione nazionale e territoriale, un «andare oltre il Pnrr affrontando i problemi di fondo delle giustizia in modo sistemico», come affermano molti magistrati (vedi intervento del presidente della Corte d'Appallo di Brescia, Claudio Castelli, a rappresentare un mondo), eccetera. Parole alate, ma la soluzione vera sta sempre nei tempi e nei numeri. La sfida resta nei tre miliardi di fondi Ue: per una riforma che aumenta dell'1,7% il Pil, e per entrare nella storia... 

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