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Caro energia e rischio recessione. Perché non basta ridurre di pochi centesimi la benzina

Bruno Villois
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Il maxi rompicapo dei costi energetici si fa via, via più complesso e sbrogliarlo anche solo in parte appare essere sempre più difficile. Da una parte la dipendenza per oltre i due terzi del fabbisogno dagli altri, che si chiamano Russia e medio oriente. Poi la speculazione, che si è manifestata in largo anticipo in rapporto agli aumenti dei prezzi all'origine e in misura spropositatamente superiore. Infine una ritrosia degli italiani ad accettare anche solo il pensiero che almeno le famiglie riducano di 1 grado i riscaldamenti domestici, cosa che inciderebbe fino al 10% sui consumi.

A fare da corollario a tutto questo è stata l'incapacità della politica, di ogni colore negli ultimi 30 anni, di disegnare un piano energetico che fosse basato sulle fonti insite sul territorio italiano, abbinando la modernizzazione degli impianti e la possibilità, attraverso i gassificatori, di ottenere gas liquefatto, in modo di poter far fronte ad almeno la metà del nostro fabbisogno. Anche aver accantonato precipitosamente il ricorso all'integrazione dell'energia nucleare, è stato un errore, visto che noi abbiamo ben 7 impianti, dismessi da oltre 40 anni, che hanno ancora presso i siti le scorie nucleari, mai realmente messe in piena sicurezza.

 

L'ipotesi di ridurre le accise di qualche centesimo non può di certo modificare la tensione socio economica che si sta manifestando diffusamente su imprese di ogni tipo e famiglie. Una tensione che si traduce in un forte rallentamento dei consumi, sia dei beni durevoli che dei servizi. Il turismo latita e il suo innumerevole indotto ne risente quasi come ai tempi delle ondate Covid. Russi e cinesi non ci sono e non ci saranno neppure nei prossimi mesi, gli americani, big performer nei consumi , scarseggiano e per gli europei servirà il periodo pasquale per comprendere se si vorranno posizionare nella prossima estate nella nostra penisola.

 

Gli italiani, alle prese con inflazione e annessi, avvertono l'esigenza di riprendere un modus vivendi normale, ma difettano le condizioni perché questo si avveri. Ad oggi iè sbagliato ipotizzare una recessione, creerebbe solo allarmismo, anche alla luce di una domanda manifatturiera che fino a novembre era corposa e molte imprese di quasi tutti i settori avevano ordini per un periodo ben superiore a quello dell'anno in corso. Servirebbe invece e urgentemente una spinta ai consumi che non può che arrivare da un fiscalità accomodante. Purtroppo per attuare forme di sostegno, che adesso appaino indispensabili, si rischia di dover far ricorso alle risorse del Pnrr, rinunciando così ad una modernizzazione che però è indispensabile per il futuro dell'Italia. 

 

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