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Piantedosi, il complotto dei magistrati a cena: quel pericoloso precedente

Paolo Ferrari
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Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi deve aver imparato molto bene la lezione dell'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati Luca Palamara: mai mettersi contro le toghe se non vuoi finire al gabbio. Tutti gli osservatori hanno notato, infatti, che dalla bocca dell'inquilino del Viminale non è uscita mezza parola contro i magistrati di Magistratura democratica, la corrente di sinistra, che gli chiedono di ritirare il suo decreto sui respingimenti della scorsa settimana, disponendo così l'immediato sbarco di tutti i migranti a bordo delle navi delle Ong nei porti italiani. Nonostante la plateale invasione di campo dei giudici che sono entrati a gamba tesa nelle scelte politiche dell'esecutivo, l'ex prefetto di Roma ha deciso di 'incassare' in silenzio. Una scelta, forse, dovuta a quanto gli disse Palamara nel 2018, durante una cena a casa della giudice Paola Roja, presidente della sezione penale del tribunale di Roma competente per i reati contro la Pubblica amministrazione, e raccontata nel libro "Il Sistema" scritto con il direttore di Libero Alessandro Sallusti. Erano i giorni dello scontro, sempre sui migranti, fra Matteo Salvini, allora ministro dell'Interno nel governo Conte, e Luigi Patronaggio, procuratore di Agrigento e toga di punta proprio di Md. Il pm siciliano aveva ordinato lo sbarco immediato di tutti i migranti a bordo delle navi delle Ong ferme sul molo dopo una visita a bordo in favore di telecamere.

 

 

 

LA CENA ROMANA

Salvini era stato durissimo, accusando il magistrato di voler favorire l'immigrazione clandestina. A cena c'erano Piantesosi, il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, ed il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio. «Se Salvini continua ad attaccare i giudici non fa che compattarli contro di lui, com' è accaduto prima sia a Berlusconi sia a Renzi», disse Palamara a Pian«Luca, dobbiamo dire qualcosa sulla nota vicenda della nave dei migranti» Giovanni Legnini (Csm) a Luca Palamara «Non vedo dove Salvini stia sbagliando» Paolo Auriemma (procuratore di Viterbo) «No, hai ragione. Ma ora bisogna attaccarlo» Luca Palamara «È una cazzata atroce, tutti la pensano come lui» Paolo Auriemma tedosi. «L'attacco frontale alla magistratura», aggiunse, «è perdente, vince sempre la magistratura al di là che ci sia o no un uso politico delle inchieste, ipotesi che io non mi sento di escludere». Ed infatti dopo poco Salvini venne indagato per sequestro di persona per aver impedito lo sbarco dei migranti a bordo della Open Arms e della Sea Watch.

Ma la vicenda non finì con l'inchiesta a carico di Salvini, attualmente sotto processo per quei fatti davanti al tribunale di Palermo: le toghe di sinistra, infatti, decisero che il Csm dovesse schierarsi apertamente con Patronaggio. «Luca, dobbiamo dire qualche cosa sulla nota vicenda della nave», scrisse a Palamara in un messaggio il vice presidente del Csm Giovanni Legnini il 24 agosto di quell'anno, disponendo la trattazione della pratica in Plenum. La 'solidarietà' togata venne stigmatizzata dal procuratore di Viterbo Paolo Auriemma: «Mi spiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministero dell'Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c'entra la procura di Agrigento. Questo dal punto di vista tecnico, al di là del lato politico. Tienilo per te o sbaglio?». Palamara: «No, hai ragione. Ma ora bisogna attaccarlo». «Comunque è una cazzata atroce attaccarlo adesso, perché tutti la pensano come lui, tutti. E tutti pensano che ha fatto benissimo a bloccare i migranti, che avrebbero dovuto portare di nuovo da dove erano partiti», replicò allora Auriemma.

Nel libro Il Sistema c'è anche un passaggio sul procuratore di Catania Carmelo Zuccaro che invece indagò gli equipaggi delle Ong per associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina. «Catania e Agrigento distano tra loro solo un centinaio di chilometri, stesso mare, stesse navi, stesso Stato, stesso ministro e stesse leggi. Ma le leggi, com' è noto, non si applicano, si interpretano sì in base alla preparazione, ma anche alla sensibilità culturale, ideologica, politica dei magistrati, e a volte purtroppo anche alla loro appartenenza», ricordò Palamara a Sallusti.

 

 

 

SENZA IMMUNITÀ

«Patronaggio passa per un eroe, Zuccaro per un avventuriero fazioso. Se è per questo anche la maggior parte dei giornali, dei partiti e dei cosiddetti intellettuali segue la stessa strada e si schiera dalla parte di Patronaggio. Chi l'ha deciso? C'è un blocco culturale omogeneo che si muove all'unisono e che in magistratura fa leva su Magistratura democratica», concluse Palamara. Il copione si sta ripetendo ora, a distanza di poco più di quattro anni. Ecco, forse, spiegato il motivo della prudenza di Piantedosi che, non essendo parlamentare, non ha l'immunità e in caso di condanna rischia, come Salvini, una pena di circa 15 anni, di cui almeno la metà da scontare in carcere. Una prospettiva poco allettante, quella di finire dietro le sbarre, dopo una onorata carriera da prefetto della Repubblica italiana. 

 

 

 

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