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Luca Attanasio, chiesta la pena di morte per gli accusati. Ma qualcosa non torna

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A due anni dal suo assassinio, la procura congolese ha chiesto la pena di morte per le sei persone accusate della morte di Luca Attanasio. L'ambasciatore fu ucciso nel febbraio 2021 nella Repubblica democratica del Congo. Assieme a lui il carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e all'autista del World Food Program, Mustapha Milambo. Nel Paese africano c’è però una moratoria di fatto sulle condanne capitali, che vengono comminate ma non eseguite.

 

 

Gli uomini imputati dell'agguato sono alla sbarra da ottobre, mentre il capo del commando è tuttora latitante. Tra le accuse, a vario titolo, ci sono quelle di omicidio, associazione a delinquere e detenzione illegale di armi e munizioni da guerra. Quest'ultima un'imputazione che giustifica il ricorso al tribunale militare. Gli imputati hanno comunque negato un loro coinvolgimento ritrattando iniziali ammissioni estorte, a loro dire, con la violenza. Attanasio, 43 anni, era stato ferito a morte da colpi di arma da fuoco in un'imboscata tesa da criminali a un convoglio del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam) con cui viaggiava ai margini del Parco nazionale dei Virunga, nella provincia di Kivu Nord, area ad alto rischio da tre decenni.

 

 

I dubbi, nonostante la decisione della procura congolese, non mancano. Salvatore Attanasione, padre di Luca, non ha mai creduto alla versione fornita fino ad ora. "Sin da subito abbiamo capito che la storia del rapimento finito male era una messinscena. A nostro avviso, certamente di rapimento non si tratta, altrimenti non sarebbe finita in quel modo. Nessun rapitore uccide un ostaggio senza nemmeno aver tentato di ottenere qualcosa in cambio, ci sono troppe, troppe incongruenze", ha accusato chiedendo allo Stato di non genuflettersi i"davanti alle grandi potenze come l'Onu". 

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