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Puglia e non solo, nei momenti di disperazione i compagni si aggrappano ai magistrati

Francesco Damato
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Magari la sinistra in edizione barese, ma poco o per niente diversa da quella nazionale, si fosse limitata a corteggiare Gianrico Carofiglio – “il fico”, come ha brillantemente raccontato, al solito, Pietro Senaldi ai lettori di Libero - come candidato a sindaco del capoluogo pugliese per ritrovare l’unità dopo l’aborto delle primarie, procurato da Giuseppe Conte, fra il piddino Vito Leccese e lo stellato, chiamiamolo così, Michele Laforgia. Carofiglio ormai è meritatamente noto più come scrittore che come ex magistrato, o ex parlamentare del Pd, ritiratosi spontaneamente dall’una e dall’altra carriera perché convintosi che in fondo non lo meritavano né le toghe né gli amici o compagni del Nazareno. E Bari lui la conosce sicuramente bene, senza bisogno di chiamarsi Nicola, come il santo protettore della città. 

Nicola invece si chiama l’ex magistrato Colajanni sul quale ha messo gli occhi pubblicamente - proponendolo come “il terzo uomo” provvidenziale - un altro celebre Nicola pugliese: Vendola, ex presidente della Regione e ora presidente della sinistra alla sinistra del Pd. Che mi risulta sia stato tentato anche lui dal “fico” Carofiglio accertandone però rapidamente l’indisponibilità a giocare, e soprattutto accreditare, una partita troppo ingarbugliata e opaca per i suoi gusti quale è quella apertasi, peraltro a più livelli, nella sua terra. Dove non dimentichiamo che un magistrato in aspettativa, Michele Emiliano, è tuttora presidente della Regione dopo essere stato a lungo sindaco del capoluogo. La scelta di Nicola Colajanni da parte di Vendola come una specie di uomo o candidato della Provvidenza e l’attenzione che si è guadagnata mediaticamente e politicamente dimostrano o confermano che ormai alla magistratura la sinistra - o una certa sinistra, sempre come preferite - non solo ha ormai delegato la regia della politica militante ma anche quella che una volta si chiamava “la riserva della Repubblica”. Cui attingere nei momenti del bisogno, dell’emergenza, della disperazione. 

Il caso ha voluto - grazie al diavolo che notoriamente fa le pentole senza i coperchi, perché distratto dalla vigilanza di un inferno pur sgomberato generosamente dal Papa Francesco che l’ennesimo ricorso politico della sinistra ai magistrati coincidesse con l’ennesimo caso, anch’esso, della malagiustizia italiana. È stata appena restituita, purtroppo da morto, cioè inutilmente, l’onorabilità contestata con ben 13 processi a Carmelo Patti, il reai suoi tempi buoni - della Valtur. Di lui ancora si legge nella traduzione italiana di Geoogle dall’inglese di Wikipendia che fu “un uomo d’affari italiano con stretti legami con la mafia, strettamente associato a Matteo Messina Denaro, un padrino mafioso arrestato il 16 gennaio 2023 dopo 30 annidi clandestinità”. Alcuni dei quali, magari, secondo i biografi di Wikipendia, protetti, garantiti e finanziati proprio da Patti, pur a corto di soldi dopo la confisca del patrimonio disposta dalla magistratura, così attenta poi nel gestirlo, prima di restituirne il resto agli eredi, da avere determinato il fallimento di un bel po’ di aziende. 

 

Il povero, compianto Patti è naturalmente l’ultimo di un lungo e sempre provvisorio elenco di malcapitati, in cui finì a suo tempo anche Enzo Tortora, uscitone vivo solo per il poco tempo che gli aveva lasciato una salute messa a dura prova dal carcere e dalla gogna mediatica. Se la sinistra o- ripeto ancora- una certa sinistra, nonostante tutto questo, magari per riconoscenza dopo i favori ottenuti una trentina d’anni con la gestione a senso prevalentemente unico delle inchieste giudiziarie sul finanziamento illegale dei partiti, continua a considerare la magistratura la riserva della Repubblica, e non solo sua, c’è solo da accendere un cero misericordioso davanti alla sua lapide. Anzi due, uno anche per l’appendice o concorrente, come preferite, che è diventato il partito di Conte arruolando nelle sue liste fior d ex magistrati: da Roberto Scarpinato a Federico Cafiero De Rhao.

 

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