Da una decina di giorni ormai dall’ultimo passaggio parlamentare della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, e altro ancora, cui seguirà l’anno prossimo il referendum cosiddetto confermativo, senza la rete di sicurezza del quorum dei partecipanti al voto, il Pd è, come al solito, quello messo peggio fra tutti. È il più diviso e incerto dietro le quinte della opposizione praticata in Parlamento contro quella che per comodità chiamo la riforma di Nordio, il ministro della Giustizia che se l’è intestata sfidando i suoi ex colleghi magistrati contrari e bevendoci sopra anche qualche spritz. E ciò giusto per divertirsi ai tentativi di certi avversari più mediatici che politici di presentarlo come un mezzo ubriacone.
A lui basta e avanza assomigliare in questo ad uno statista eccezionale di cui è anche biografo: la buonanima di Winston Churchill. Il Pd, come è emerso dai contatti svoltisi ad alto livello con l’associazione nazionale dei magistrati, si mostra sicuro della sconfitta referendaria di Nordio. Ma non lo è per niente, ossessionato peraltro dalla prospettiva che una vittoria referendaria del governo preluda ad una successiva vittoria nelle elezioni politiche e ancora più spaventosamente per lor signori del Nazareno a un’ancora successiva successione di Giorgia Meloni a Sergio Mattarella al Quirinale. Consapevoli di questa posta in gioco e della caduta di popolarità dei magistrati con le loro cause sempre più spesso avvertite come di casta dall’opinione pubblica, al Nazareno sempre più numerosi e pressanti sono quelli che consigliano, a dir poco, alla segretaria Elly Schlein non dico di sostenere la riforma osteggiata in Parlamento, ma di non continuare a contrastarla con gli argomenti togati. Particolarmente sorpresa, su questo versante, la Schlein sarebbe stata del governatore mancato della Liguria ed esperto di problemi giudiziari per essere stato ministro della Giustizia: Andrea Orlando. Il quale ha indicato, anche in dichiarazioni virgolettate che non ha smentito, come percorso consigliabile della campagna referendaria del Pd la difesa pura e semplice della Costituzione “più bella del mondo”, di antica definizione bersaniana.
La sinistra usa il tribunale contro il governo
La riforma della giustizia, le dinamiche interne alla maggioranza di governo, l’antifascismo, l’attentato a ...Il Pd insomma è tentato da quello che chiamerei un conservatorismo costituzionale, già adottato più di 40 anni fa contro il riformismo, sempre costituzionale, proposto dal Psi di Bettino Craxi. Un conservatorismo che finì per aumentare l’attrazione elettorale del leader socialista e per ridurre quella dell’allora Pci. Che pure nelle elezioni europee del 1984, sull’onda emotiva della morte del segretario Enrico Berlinguer, era riuscito a sorpassare la Dc.
Un conservatorismo costituzionale di ritorno nel partito in cui sono confluiti i resti prevalentemente del Pci e della sinistra democristiana non avrebbe tuttavia il solo inconveniente di un passo indietro. Ma pure quello, sottovalutato anche dall’associazione nazionale dei magistrati, di una clamorosa contraddizione, visto il riformismo costituzionale adottato dalla sinistra già nella cosiddetta prima Repubblica, finita la fase del conservatorismo. La Costituzione è già stata cambiata, col consenso o sotto la spinta della sinistra, per limitare, sin quasi ad abolirla, l’immunità parlamentare avvertita dai magistrati come un odioso impedimento alla loro attività. Poi è stato modificato con immediato pentimento il titolo quinto della Costituzione sulle autonomie locali, nella illusione di impedire la ricostituzione del centrodestra interrotto da Umberto Bossi a cavallo fra il 1994 e il 1995.
Referendum sulla giustizia, il tribunale diventa il comitato del No
Si può usare il luogo in cui l’imparzialità dovrebbe essere sacra, il tempio della Giustizia con la ...Infine è arrivata la riduzione del numero dei parlamentari voluta dai grillini, e subìta dal Pd pur a bicameralismo invariato. Al cui superamento invece il partito del Nazareno aveva condizionato l’assenso alle forbici sbandierate in piazza dal movimento delle 5 stelle.