Per la serie “chiamate l’ambulanza”, i grillini sono entrati ufficialmente in campagna elettorale sul referendum per la riforma della giustizia. Naturalmente dalla parte dei magistrati, senza se, senza ma e anche senza cervello. A far partire le danze è stata la trombettiera di M5S in commissione di vigilanza Rai, Barbara Floridia. «Giorgia Meloni ha finalmente ammesso di esser a capo del circo mediatico su Garlasco, un caso che non è cronaca ma serve a tenere alta la tensione, costruire l’emergenza permanente e spingere il referendum sulla separazione delle carriere. L’informazione ha lasciato il passo all’occupazione definitiva dei palinsesti e TeleMeloni è diventata TeleGarlasco».
Così la lucida analisi del genio catodico pentastellato. Alla parlamentare di Giuseppe Conte non è andato giù il passaggio del discorso di Atreju nel quale la premier ha definito «una vergogna» l’incertezza che dopo diciotto anni avvolge ancora l’assassinio di Chiara Poggi, invitando a votare “Sì” alla riforma della giustizia perché «non possa più esserci nulla di simile».
Occorre per onestà intellettuale separare l’uso politico del tormentone giudiziario dalle sue reali connessioni giuridiche con la riforma su cui gli italiani sono chiamati a esprimersi. È indubbio che la mediaticità del caso, nel quale agli occhi dei cittadini sul banco degli imputati talvolta sembrano più alcune toghe sospettate di aver condotto male le indagini piuttosto che Alberto Stasi o Andrea Sempio, si presti a essere sfruttata come esempio del malfunzionamento della giustizia e conseguentemente delle pecche di chi la amministra. È anche possibile che tutto questo tragico carnevale ci sarebbe stato anche con le carriere separate tra giudici e pm, due rispettivi Consigli Superiori della Magistratura e il sorteggio a determinarne i componenti.
Tuttavia è anche innegabile che la riforma della giustizia varata da questo governo, pur non mettendo al riparo da possibili errori investigativi o giudiziari, arriva a incidere sul contesto istituzionale che ha prodotti orrori giudiziari di cui Garlasco non rappresenta un caso isolato. Questo perché la nuova normativa punta a rendere più tracciabili e sanzionabili errori gravi e condotte negligenti dei magistrati, riduce i pericoli di una conformità dal colleganza tra le valutazioni della magistratura inquirente e di quella giudicante, riequilibra i poteri tra accusa e difesa e amplia lo spazio d’intervento di quest’ultima prima che l’incriminazione sia cristallizza ta.
Fin qui siamo però nel campo delle valutazioni tecniche sulla frase di Floridia, che però, come tutte le posizioni di M5S è in realtà ideologica e di parte e per nulla tecnica. Per quanto riguarda il giudizio di merito, basta replicare alla presidente della commissione di vigilanza che il discredito che il caso Garlasco ha portato alla magistratura ha un solo responsabile, ed è la categoria, o casta come alcuni la chiamano, delle toghe. Sono loro che in questi diciotto anni hanno condannato per omicidio al di là di ogni ragionevole dubbio un ragazzo che era stato assolto due volte.
Sono loro che hanno indagato l’ex procuratore di Pavia per corruzione in atti giudiziari legata all’archiviazione della pista che riguardava Sempio. E sono sempre loro che hanno, da subito, condotto male le indagini. Raccontare da parte dei giornalisti una storia che impressiona gli italiani ed è diventata per sua forza un atto d’accusa alla magistratura non è propaganda ma dovere d’informazione.
Quell’informazione che, quando erano al governo durante la pandemia, i grillini gestivano e manipolavano come la commissione parlamentare sul Covid sta dimostrando. Se il governo e i giornalisti volessero strumentalizzare gli errori giudiziari per favorire il “Sì” al referendum, non avrebbero bisogno del caso Garlasco. Ci sono le storie di tre innocenti arrestati ogni giorno a fornire materiale.




