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Per salvare il "Corriere"è pronto un socio straniero

De Bortoli, il direttore del Corsera

Mentre gli azionisti decidono come ricapitalizzare, si fa strada l'ipotesi di un partner internazionale in via Solferino

Andrea Tempestini
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  di Nino Sunseri È ricominciata la battaglia di via Solferino. Tornano ad ardere i fuochi di guerra dopo una tregua di sei anni, durante i quali l'amministratore delegato Antonello Perricone ha cercato di smussare gli angoli tra le diverse componenti del parlamentino che governa la Rcs-Corriere della Sera. Il successore, Pietro Scott-Jovane, ha dato immediatamente una sterzata facendo emergere, nella semestrale, perdite per 427 milioni a fronte dei 19 dell'anno scorso. La Borsa ha reagito con un calo del 4,4%. Il deficit supera il 30% del patrimonio e questo comporterà la convocazione di un'assemblea straordinaria (il 16 o il 23 ottobre) per decidere l'eventuale aumento di capitale. La vendita di Flammarion (230 milioni)  non ha scongiurato l'appuntamento che i soci volevano a tutti i costi evitare. La necessità di risorse fresche, infatti, imporrà la resa dei conti all'interno del parlamentino  rompendo un equilibrio che, nella speranza di molti dei protagonisti, doveva durare fino al 2014, data di scadenza dell'attuale patto. La resa dei conti viene accelerata anche se non necessariamente in maniera traumatica. I soci, infatti, hanno un anno di tempo per decidere. Se la situazione non precipita avranno tutto il tempo per trovare una soluzione. Certo essere posizionati in Spagna e in Italia non aiuta. Sono i due Paesi più in crisi di tutta l'Eurozona. Una posizione molto scomoda che rende urgente la preparazione del piano industriale su cui Scott-Jovane chiamerà i soci a decidere mettendo, eventualmente, mano al portafoglio. Certo c'è ancora un po' di grasso da togliere come la vendita del palazzo di via Solferino valutato più di 200 milioni. Poi bisognerà incidere sulla carne viva magari avviando un altro piano di ristrutturazione che, dalle indiscrezioni, non sembra trovare il conforto del direttore Ferruccio de Bortoli. Il suo contratto scade l'anno prossimo e anche questo diventa un elemento di incertezza. Il tema, però, ruota attorno all'aumento di capitale: chi mette i soldi? Tranne Giuseppe Rotelli e Diego Della Valle non sembrano esistere altre soluzioni. Che Banca Intesa, Fiat o Unipol (subentata a Ligresti) mettano mani al portafoglio sembra davvero improbabile. I soci di minoranza sicuramente non apprezzerebbero. Meno che mai Mediobanca. A Piazzetta Cuccia hanno problemi più urgenti cui pensare. Soprattutto non hanno risorse da destinare allo scopo. Le soluzioni non sono moltissime. C'è la possibilità di un partner da aggregare all'avventura spagnola (cedendo il 40% di Unidad Editorial, Rcs potrebbe incassare almeno 170 milioni). Oppure la cessione di Dada che sta ottenendo risultati con forte riduzione del debito. Gli analisti di Mediobanca si spingono più avanti. In un report dedicato alla casa editrice, lanciano l'idea di aprire il capitale di Rcs ad un «partner internazionale». Una soluzione probabilmente da esplorare a meno di non immaginare uno scontro fra Rotelli e Della Valle che, tuttavia, alcuni mesi fa ha lasciato il parlamentino di via Solferino.  

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