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Il parroco fa troppa caritàI fedeli lo vogliono cacciare

Raccolta firme in un paesino del savonese: il prete aiuta chiunque e i cittadini temono che svuoti le casse della parrocchia

Matteo Legnani
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    Come spendi i soldi, frate? Questo vorrebbero domandare i fedeli di Luceto, frazione di Albisola Superiore (Savona) a don Agostino Paganessi, salesiano, loro parroco. Il malcontento serpeggia tra i banchi delle chiese di San Matteo e del Carmine: don Agostino è troppo generoso con i bisognosi, appena qualcuno tende la mano ecco che lui pesca tra le casse della parrocchia e fornisce l'aiuto richiesto. Certo, la carità è una delle virtù teologali, i devoti ribelli lo sanno bene, ma in tempi di crisi economica vorrebbero che i rubinetti delle donazioni non si aprissero troppo spesso. La fronda contro don Agostino per ora si è espressa con una raccolta di firme in calce a un foglio fatto circolare nei libretti dei canti.  L'obiettivo è nientemeno che il trasferimento del frate, colpevole, come raccontava ieri Il Secolo XIX dando voce ai promotori della petizione, di offrire «accoglienza indistinta anche a chi potrebbe darsi da fare piuttosto che elemosinare denaro», un ragionamento che ha una sua logica se fatto da un comune peccatore che si arrabatti in questa valle di mutui e di debiti, ma decisamente stonato se applicato a un frate salesiano, il quale non è ancora tenuto a dosare gli aiuti economici secondo i saliscendi dello spread e la fiducia dei mercati.  Eh sì, perché i buoni cattolici che vogliono cacciare don Agostino, tra i motivi della loro protesta, tirano fuori persino la parola «budget», anzi l'espressione «budget disponibile», imputando al loro parroco di non saperlo gestire. Sembra quasi di essersi seduti a un vertice dei ministri economici europei, non tra le file di una chiesa, di fronte all'altare e al crocifisso in un paesino della Liguria. Comunque i ribelli sono determinati e con la raccolta di firme vogliono far sentire la loro voce fino al superiore di don Paganessi, monsignor Vittorio Lupi.  Ma il Vescovo li ha gelati: ha verificato i conti della chiesa e afferma di aver trovato tutto in ordine, pertanto non ha nessuna intenzione di trasferire don Agostino al quale conferma la sua stima. Inoltre alla fazione ostile si è contrapposto uno schieramento a favore del parroco, e la questione è diventata quasi una disputa teologica sul significato da attribuire alla virtù della carità, chi la intende in senso trascendente, inalterato dalle vicende economiche, e chi vuole un aggiornamento alla luce della sobrietà del premier Monti, con una sorta di «spending review» anche per le offerte.  Pare tuttavia che i ribelli non la spunteranno e don Paganessi resterà al suo posto, persistendo a offrire aiuto anche a chi non è membro dello stretto giro di fedeli indefettibilmente presenti a tutte le funzioni liturgiche. Forse occorrerebbe spiegare ai pii che protestano che i soldi raccolti dalla parrocchia non sono cosa loro, non sono come le tasse che si pretende tornino in servizi efficienti. E non servono le Scritture per capirlo, basta il senso del ridicolo. di Giordano Tedoldi    

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