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Mario Giordano: la riforma della scuola di Matteo Renzi? Occupate e fate sesso

Andrea Tempestini
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Fate l'amore, non fate il latino. Finalmente trovato il motto per la buona scuola di Renzi: è lo stesso sottosegretario all'Istruzione, Davide Faraone, a lanciarlo con una sentita articolessa sulla Stampa in cui decanta le virtù delle occupazioni: «Quanto valgono le notti passate a dormire in istituto…», dice estasiato. Quanto valgono? Più di tutto lo studio del mondo, ovvio. Infatti Faraone spiega qual è la sua idea forte per la scuola di oggi: deve diventare un campeggio. Proprio così. Bisogna recuperare i sani valori di un tempo, no? «Ricordo ragazzi del mio quartiere - scrive - che non potevano permettersi il campeggio: hanno passato l'esperienza più bella della loro adolescenza dentro i sacchi a pelo in classe…». Chiaro? La scuola deve diventare un campeggio spensierato, una vacanza fuori stagione, un momento di svago perenne. Soprattutto deve consentire di avvicinare una materia che, durante l'adolescenza, va assolutamente approfondita in classe. Il greco antico? Macché: il sesso. «Quanti amori si sono consumati in quei sacchi a pelo…», ricorda eccitato il sottosegretario. Per l'appunto: fate l'amore, non fate l'aoristo. La rotta della nuova politica scolastica è dunque tracciata: consumate gli amori, non consumate i libri; più sacchi a pelo e meno compiti a casa, fate baldoria: è più interessante che fare storia. Il motto è fin troppo facile: basta lezioni, solo autogestioni. Il sottosegretario, appena nominato, è così entusiasta di questa nuova forma didattica che propone di «istituzionalizzarla», cioè di renderla obbligatoria come la grammatica e la matematica. Due più due fa quattro e in novembre si occupa. Che c'è di strano? Tanto accade già. Faraone dimentica, infatti, che il tran tran dell'occupazione scatta puntuale ogni autunno. E che in molti istituti sono già previste forme di autogestione concordate con i presidi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: un mare di ore buttate a parlare dei metodi di copulazioni dei pinguini macaroni o dell'importanza dei terzini nel gioco del calcio, visione dell'intera cinematografia di Edwige Fenech da Quel gran pezzo dell'Ubalda a La patata bollente, approfondimenti di risiko e di trivial, e altri simili dotti insegnamenti, spesso tenuti dagli stessi studenti o dai loro cugini, parenti e amici ingaggiati per l'occasione. I risultati di 40 anni di occupazione, più o meno autorizzata, per altro, sono sotto gli occhi di tutti: la maggior parte degli studenti italiani è convinta che il congiuntivo sia una pericolosa malattia e la radice quadrata un tipico piatto dell'alimentazione vegana... Ma il neosottosegretario Faraone è convinto che si debba andare avanti su questa strada. Non ha dubbi. Tornare alla scuola che prima di tutto insegna? Non se ne parla. Consentire ai professori di fare regolarmente lezione? Neppure. Indurre gli studenti a imparare un po' di disciplina e di aritmetica? Macché: bisogna «scuotere l'apatia». E come si scuote l'apatia? Trascinato dalla dolcezza dei suoi ricordi giovanili (ah, sottosegretario, quante ne avrà combinate …), si dice convinto che l'unico modo sia quello di aumentare le occupazioni. Perché sono «esperienze di partecipazione democratica». E perché sono le ore «più formative». Proprio così: più formative. Cari insegnanti, rassegnatevi: avete un bel raccontare Dante e Petrarca, avete un bel spiegare Spinoza e Kant, lasciate perdere le funzioni esponenziali e il periodo ipotetico del terzo tipo: quello che conta, per il sottosegretario all'Istruzione, è l'attività che si svolge durante l'occupazione. Specie l'approfondimento dentro il sacco a pelo. «Non basta il suono di una campanella per fermare l'energia che si crea», declama con toni poetici Faraone. E pazienza se gli studenti, non studiando scienze, non sapranno mai che cos'è un'energia e neppure come si propaga il suono di una campanella. Pazienza, soprattutto, se quell'energia di cui non sanno nulla ogni tanto tracima e si trasforma in una devastazione violenta di arredi e infissi, bagni fracassati, cattedre e banchi squassati, aule ridotte a manipolo di unni (se solo avessero idea di chi sono). Il sottosegretario ci tiene a precisare nel suo articolo-manifesto che non vuole indurre alla violenza e all'anarchia (ci mancherebbe pure), e dunque chiede di non fargli la ramanzina. Solo applausi. In effetti: siamo sicuri che, quando andrà a presentare questo suo progetto nelle scuole, gli studenti lo accoglieranno con entusiasmo. Lo avremmo fatto anche noi, alla loro età. Il sacco a pelo piace a tutti. Però, ecco, sarà che siamo rimasti un po' all'antica, ma continuiamo a pensare che a scuola si debba andare per imparare. Apprendere. Studiare. E che il campeggio sarebbe meglio farlo al mare o in montagna, piuttosto che in classe. Fra l'altro le occupazioni hanno ormai perso ogni slancio, ogni entusiasmo, anche ogni energia, caro sottosegretario, proprio perché sono diventate uno stanco rito. Quasi un obbligo scolastico dettato dall'alto. E, senza fare ramanzine, ci lasci però dire che il mondo andrebbe un po' meglio se le istituzioni facessero le istituzioni, stabilendo le regole e cercando di farle rispettare. E lasciando ai ragazzi la libertà di contestarle, di romperle, di ribellarsi. Ma da soli. Come vogliono loro. Non su input del ministero, non secondo i ricordi del sottosegretario di turno. Fanno un po' tristezza questi ex ragazzi che sono passati dall'autogestione della scuola all'autogestione di Palazzo Chigi e vogliono applicare la loro nostalgia come metodo di governo. «Io ho maturato la mia vocazione politica proprio durante un'occupazione», confessa Faraone nel suo articolo. E non si accorge che basterebbe questo per far capire che le occupazioni hanno fatto tanto male… di Mario Giordano

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