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Il Papa picchia su politici e tecnici

Il Pontefice a Milano: tempi duri, non bastano soluzioni tecniche, c'è bisogno

Lucia Esposito
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Lumi a San Siro. I corvi gracchiano, i preti litigano, i giornali ci sguazzano, ma il Papa fa il Papa. Pochi momenti come il secondo giorno della visita di Benedetto XVI a Milano segnano un punto rifondativo della radice del pontificato ratzingeriano, definito «lezioso» da Eugenio Scalfari sette giorni fa.Dopo un ingresso sulla macchina da golf che l'ha catapultato in uno stadio Meazza con colpo d'occhio degno di una Champions'  League, il Papa ha salutato le famiglie, con particolare attenzione ai giovani e ai ragazzi, che ha invitato alla santità. Al suo fianco, il «padrone di casa» Angelo Scola pareva un fanciullo contento e mai fermo. Nel discorso successivo, tenuto in Arcivescovado davanti ai politici locali, Benedetto XVI ha proseguito in un certo senso l'intervento di ieri, declinando le conseguenze sociali della maturazione della personalità cristiana. «Va' e amministra non come un giudice, ma come un vescovo», ha scandito Ratzinger citando le parole con cui il prefetto Probo inviò il futuro santo Ambrogio ad amministrare Milano. E poggiando su Ambrogio il Pontefice ribalta il pensiero dominante, offrendo proprio l'esperienza politica cristiana come origine della laicità: questi era tanto conscio che nessun potere in mano a uomini potesse dirsi divino che ebbe l'ardore di rivolgersi all'imperatore così: «Anche tu, o Augusto, sei un uomo». Poi un richiamo, inevitabile da associare all'attualità italiana: «La prima qualità di chi governa è la giustizia, virtù pubblica per eccellenza. [...] Eppure essa non basta. Ambrogio le accompagna un'altra qualità: l'amore per la libertà [...]. La libertà non è un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti, un diritto prezioso che il potere civile deve garantire. [...] Si trova qui uno dei principali elementi della laicità dello Stato: assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell'altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti». Poche parole che segano alla base le frattaglie ideologiche del «contrasto-tra-laici-e-cattolici»: la base della convivenza (del «meticciato», avrebbe forse detto Scola) è qualcosa che addirittura precede la libertà religiosa, ma riposa nella custodia della possibilità di una vita radicata secondo ciò che la rende ricca di senso, purché ciò non confligga col bene comune. Ratzinger non si ferma qui: applicando la sua concezione di libertà e laicità poggiata sul diritto naturale, dice: «Lo Stato è a servizio e a tutela della persona e del suo “ben essere” nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione. Ognuno può allora vedere come la legislazione e l'opera delle istituzioni statuali debbano essere in particolare a servizio della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, e altresì riconoscere il diritto primario dei genitori alla libera educazione e formazione dei figli, secondo il progetto educativo da loro giudicato valido e pertinente. Non si rende giustizia alla famiglia, se lo Stato non sostiene la libertà di educazione per il bene comune dell'intera società». Difficile non cogliere il contrasto col plurale malizioso («tutte le famiglie») usato due giorni fa in piazza Duomo dal sindaco Giuliano Pisapia: ma in fondo è il Papa che fa il Papa, e niente più. Poi un'altra manata alla politica, forse anche alla sua Curia, ancora secondo il motto di Ambrogio: «Niente è così utile come farsi amare». Nel dettaglio: «A quanti vogliono collaborare al governo e all'amministrazione pubblica, sant'Ambrogio richiede che si facciano amare», con una esplicita citazione di Paolo VI e della sua politica intesa come forma di carità. Ed è troppo voler associare a Monti e ai Professori la frase seguente («Il tempo di crisi che stiamo attraversando ha bisogno, oltre che di coraggiose scelte tecnico-politiche, di gratuità»), ma il concetto sta molto a cuore a Ratzinger, che poche ore dopo, nella spianata di Bresso occupata da 500 mila persone, ripete anche più esplicito: «Dovrebbe crescere il senso di responsabilità in tutti i partiti. Che non promettano cose che non possono realizzare, che non cerchino solo voti per sé ma siano al servizio di tutti. E si capisca che la politica è responsabilità morale davanti a Dio e agli uomini». di Maritno Cervo

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