Gli islamici litigano. E Pisapia gli fa due moschee
C'era una volta una moschea a Milano. C'era, perché per l'Expo sembra che ce ne saranno due: la prima in via Sant'Elia, nei pressi del Palasharp, la seconda in un'area non meglio precisata in zona viale Certosa. La notizia, che circola negli ambienti comunali ma che non ha ancora conferme ufficiali, spiazza i rappresentanti delle comunità islamiche, quasi storditi. «Sono incredulo», commenta a caldo Yahya Pallavicini del Coreis (Comunità religiosa islamica), che si dice comunque disponibile a seguire le piste del Comune. «Il problema è che sapevamo di una sola pista, ovvero quella del Palasharp. Un mese fa il vice sindaco Ada Lucia De Cesaris ha invitato le comunità per parlare del progetto di un consorzio tra le associazioni islamiche. In buona sostanza l'idea era di creare uno spazio per tutte le sigle, ma il Caim (il Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, ndr) ha preteso una sorta di esclusiva, facendosi così da parte. Il Palasharp doveva essere il progetto aperto a chiunque volesse aderire e il Caim era l'unico autoescluso. Invece ora scopriamo che tutti gli altri sono stati esclusi tranne loro. Non capisco». La perplessità di Pallavicini è dovuta al fatto che il Caim è considerato da sempre vicino alle posizioni più estreme del mondo islamico, compresi i Fratelli Musulmani. A tal proposito basta ricordare che in occasione della chiusura dello scorso Ramadan, il Caim ha invitato per la preghiera finale all'interno dell'Arena Civica (con l'ok del Comune) l'imam Shaikh Riyad Al Bustanji, che in un video aveva parlato con entusiasmo dei bambini-suicidi che si immolano per lo jihad. Per cui il presunto slancio della giunta verso il Coordinamento a sfavore di tutti gli altri, non può che essere accolto con sospetto. «I centri di via Padova e di via Meda - rimarca Pallavicini, che gestisce il secondo centro – hanno ottenuto l'Ambrogino d'oro e non hanno mai avuto problemi legali o di infiltrazioni di estremisti. Eppure preferiscono il Caim, incredibile. Bisogna essere realisti: con l'Expo arriveranno centinaia di migliaia di persone dal mondo islamico, e Pisapia dovrà spiegare alle delegazioni come mai nella sua città non c'è neppure un luogo riconosciuto per la preghiera. Questo dimostra scarsa lungimiranza politica». Si dice invece «sorpreso» dell'ipotesi doppia moschea Abdel Hamid Shaari, fondatore nel 1989 dell'Istituto culturale islamico di viale Jenner. «Non ho ancora ricevuto una comunicazione in proposito da parte del Comune ma mi sembra troppo bello per essere vero. Di viale Certosa non so niente, mentre la questione del Palasharp è aperta da anni e rimane ferma. Con Pisapia abbiamo fatto un percorso assieme e tanti bla bla bla, ma di concreto non c'è mai nulla. Forse ci siamo illusi all'inizio con lui». Tutto fermo finora, ma con l'Expo sempre più vicino il Comune è costretto ad accelerare per maggio 2015 e a rivedere quel dossier moschee che ormai è diventato grosso come un'enciclopedia. La struttura di via Sant'Elia sarebbe costruita su un'area pubblica con soldi privati raccolti dal Caim, la seconda avrebbe addirittura il sostegno del consolato del Marocco e della Giordania. Tra le due, anche in virtù della presenza istituzionale, sembra che abbia maggiori speranze di successo quest'ultima. Ma è sufficiente un anno per un progetto di simile portata? «Io non credo, e comunque non sono ottimista», spiega Shaari, che dice di accontentarsi anche «di un capannone qualunque». «Chiunque la spunti per noi va bene, saremo felici di sostenerlo. La moschea non riguarda solo l'Expo, ma il diritto di una comunità di 100mila musulmani che vivono a Milano e che vogliono pregare liberamente. Se la città non riuscirà a farlo l'Expo amplificherà soltanto la figuraccia col mondo di Pisapia e dei milanesi». «Fino a quando ci sarà un consigliere della Lega a Milano – ribatte il segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini - non concederemo un metro quadro di spazio per una moschea. Almeno finché l'Islam tratterà la donna come un essere umano di serie B». Realista come Pallavicini è Riccardo De Corato (Fdi): «La moschea è un non problema perché dei 100mila musulmani a Milano solo 4mila sono praticanti. Gli altri sono laici o pregano per i fatti loro. La verità è che in un anno non si costruisce proprio nulla e per l'Expo, al massimo, verrà concessa una tenda». di Salvatore Garzillo