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La rivincita dei pendolari Roma-Milano Finalmente il treno batte l'aereo

Ignazio Stagno
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È difficile spiegare il sottile orgasmo di molti di noi - che siamo tanti - nell'apprendere che l'Alta velocità si sta magnando Alitalia, o se volete: apprendere che, nella preziosissima tratta Milano-Roma, il treno si sta magnando l'aereo. Per capire occorre aver fatto quella tratta per anni, essersi abruttiti a Linate e a Fiumicino con la rabbia di chi non aveva alternative. Gli aeroporti e i voli ordinari, già allora e da parecchio tempo, si stavano trasformando in un'alienante bruttura di massa, un canaio soffocante e claustrofobico: da élite che erano. Ora i numeri si sono adeguati. Cinque anni fa Alitalia aveva il monopolio Linate-Fiumicino, e i biglietti, se presi al volo, costavano sui 400-500 euro, tanto che era la tratta più redditizia d'Europa; poi si è lentamente affermata l'Alta velocità di Frecciarossa con la teorica concorrenza di Italo: e sono bastati 5 anni. I passeggeri degli aerei sono diventati 1 milione a 400mila: la metà, a scendere. Nel 2008 i voli erano 70 al giorno, ora sono 38 e scenderanno ancora: e non perché gli aerei costino di più, anzi, spesso è vero il contrario. Un'andata e ritorno com Easyjet (che prima non c'era, ma l'Antitrust l'ha introdotta di prepotenza un annetto fa) ormai puoi trovarla a 99 euro. Se paghi con larghissimo anticipo, tipo un mese, scendi a 83. Ma non è questo a fare la differenza: il punto è che nel 2008 il 51% dei pendolari prendeva l'aereo, mentre il treno, oggi, si becca il 70% del traffico complessivo, lasciando agli aerei il 23. Appena c'è stata una concorrenza possibile, il ricatto degli aeroporti e dell'aereo - che imponeva l'unica possibilità per fare Milano-Roma in tempi decenti - tanta gente non l'ha voluto subire più. Gli aerei: quella perenne impressione di macchinosità e congestione, gli aeroporti sempre lontani, i taxi costosi e che non ci sono, oppure il traffico, il parcheggio, file su file che non risparmiano la macchinosità ottusa dei controlli, dei ricontrolli, del bagaglio, delle scarpe che suonano, e la giacca, e la cintura, e la fila più lenta, scusi, deve ripassare, il cretino allo sportello – sempre davanti a te - mentre parte l'aereo. Roba da sfigati – direte voi - mentre la clientela danarosa e business se la cavava molto meglio: errore. La clientela più golosa, d'affari, quella più ambita, ha tradito Alitalia per il 50%: ora prende il treno. Conteranno anche le ragioni economiche, certo: un biglietto comprato 24 ore prima della partenza costa 110 euro sul Frecciarossa contro i 395 di Alitalia e i 154 di Easyjet: e pensare che in un primo momento, nel 2011, Alitalia si era illusa di aggiustare i conti facendo meno voli e facendoli pagare di più. Ma non è solo una questione economica, appunto. La lista d'attesa, il ritardo, il ritardo sempre, il ritardo puntuale, l'imparagonabile sensazione d'impotenza quando ti lasciano a terra: l'aeroporto può essere frustrante come poco altro al mondo. E spegni il cellulare, e accendi il cellulare, scusi lei che numero ha, e caldo, freddo, ri-caldo, puzze improvvise, senso di inscatolamento mentre sul treno avresti preso un salotto allo stesso pezzo, e le attese inspiegabili, i trolley incellofanati degli idioti, gente che al telefono maltratta le segretarie, un non-tempo, la morte del presente, il ricordo di quando la gente sbirciava dal finestrino anziché leggere Il Sole 24Ore. Viva i treni, abbasso gli aerei. di Filippo Facci

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