Il pm anti-mafia Antonino Di Matteo contro Giorgio Napolitano: "Condiziona il Csm". Critiche a Renzi e Berlusconi
"Non si può assistere in silenzio al preminente tentativo di trasformare il magistrato inquirente in un semplice burocrate - inesorabilmente sottoposto alla volontà e all'arbitrio del proprio capo, di quei dirigenti degli uffici sempre più spesso, purtroppo, nominati da un Csm che rischia di essere schiacciato e condizionato nelle sue scelte di autogoverno dalle pretese correntizie e politiche e dalle indicazioni sempre più stringenti del suo presidente". Il pm antimafia Antonino Di Matteo riaccende la polemica su Giorgio Napolitano, accusato di sottrarre autonomia e indipendenza a quel Consiglio superiore della Magistratura di cui il Capo dello Stato è presidente. Di Matteo ha scelto una occasione importante e simbolica, come la commemorazione della strage di via d'Amelio e la morte di Paolo Borsellino, per scaldare il clima in attesa che a ottobre lo stesso presidente della Repubblica deponga come testimone nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Una bomba a orologeria, insomma, anche perché il pm ha tuonato contro la politica e le istituzioni a poche ore dall'esito di quello che molti hanno definito uno dei processi più "politici" imbastiti dalle procure italiane negli ultimi 20 anni, il Rubygate contro Berlusconi. Contro Renzi e Berlusconi - Di Matteo mena fendenti anche al premier Matteo Renzi e al suo governo: "Non si può ricordare Borsellino e assistere ai tanti tentativi in atto, dalla riforma dell'ordinamento giudiziario, a quella in cantiere sulla responsabilità civile dei giudici, alla gerarchizzazione delle Procure anche attraverso sempre più numerose e discutibili prese di posizione del Csm - dice ancora il pm -. Non si può ricordare Borsellino e assistere in silenzio a questi tentativi finalizzati a ridurre l'indipendenza dei magistrati a vuota enunciazione formale con lo scopo di annullare l'autonomia del singolo pm". Ed è proprio Silvio Berlusconi uno degli obiettivi del magistrato: "Oggi Berlusconi, condannato in via definitiva, discute con il presidente del Consiglio in carica di riformare quella Costituzione alla quale Borsellino aveva giurato fedeltà fino al suo ultimo respiro".