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La Boldrini se la prende con gli spot sessisti anziché con le violenze (vere) alle donne di islamici e rom

Eliana Giusto
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L'esistenza di Laura Boldrini dev'essere veramente estenuante. Non può nemmeno tornare a casa e accendere la televisione perché ogni volta le viene l'acidità di stomaco, poveretta. Peggio di Maria Elena Boschi che - prima di fidanzarsi - tornava a casa la sera tardi e si metteva in salotto con una tazza di latte, magari a lacrimare davanti al Diario di Bridget Jones. La presidente della Camera non ha neppure quella consolazione: appena pigia il telecomando, le viene l'orticaria. Per il suo bene le consigliamo di venderla, questa benedetta televisione. Anche perché sembra davvero essere il suo principale problema. Già un anno fa si era esibita in una filippica contro le pubblicità. «Non può essere concepito normale uno spot in cui i bambini e il papà sono seduti e la mamma serve a tavola», disse testualmente. Poco dopo, tornò alla carica: «È inaccettabile che in questo Paese ogni prodotto, dallo yogurt al dentifricio, sia veicolato attraverso il corpo della donna. In Italia le multinazionali fanno pubblicità usando il corpo delle donne». E immaginiamo quante maledizioni le abbiano tirato le modelle, temendo di vedersi levate da un giorno all'altro metà del lavoro. Poi, per qualche tempo, non ha esternato. Si è limitata a soffrire in silenzio. Barbarie - Ma alla fine, ieri, il tappo è saltato. Bisognava che la nostra coraggiosa Laura denunciasse l'odiosa barbarie commessa ogni giorno contro le donne per via catodica. Partecipando alla presentazione del «report di WeWorld Intervita contro la violenza sulle donne», ha spiegato che quello degli spot è un «sistema agghiacciante». Di cui sono responsabili le «nostre imprese», le quali «vogliono investire 66 milioni al mese in spot che riproducono un'immagine falsata della donna». Macché crisi - Ah, questi malvagi imprenditori sessisti. Gente senza scrupoli. «Le imprese preferiscono tirarsi fuori dall'evoluzione della nostra società», ha denunciato la Boldrini. «Un'impresa può partecipare attivamente allo sviluppo della società ma anche non farlo e ancorarsi a uno stereotipo vecchio. Le nostre aziende sono innamorate di quello stereotipo perché quello fa vendere». Certo, ovviamente il vero problema delle imprese italiane è il modo in cui rappresentano la donna negli spot. Pare addirittura che molti imprenditori si siano suicidati non per via della crisi, ma perché non sopportavano di vedere i propri marchi associati a immagini abominevoli tipo quelle - udite, udite - di una «donna o silenziosa e seminuda o che serve a tavola». Surgelata - A questo punto ci viene perfino il dubbio che il decoder di Laura funzioni male. Ma che pubblicità guarda? Ormai per trovare una mamma che serve a tavola al marito e ai figli bisogna aspettare le repliche del Carosello. Su un canale trovi Banderas che consola una gallina e poi serve le brioscine ai bambini. Sull'altro c'è la mamma che va a casa del figlio gay e trova tutto apparecchiato. Per inciso: quel figlio dovrebbe disconoscerlo mica perché è omosessuale, ma perché non ha niente di meglio da offrirle che una roba surgelata. O forse la madre dovrebbe disconoscersi da sola, visto che manco gli ha insegnato a far bollire la pasta. Cambi ancora emittente ed ecco il provolone che cerca di rimorchiare la sua amica single, esigentissima e indipendente rifilandole l'impepata di cozze anch'essa surgelata (e vogliamo vedere che figura rimedia tra le lenzuola con i mollusconi sullo stomaco). Insomma, dove le trova tutte queste pubblicità maschiliste, la presidente? Le prende male il digitale terrestre e si collega solo con i canali uzbeki? Se serve, le possiamo consigliare un buon antennista. Ma, soprattutto, che male c'è nel vedere una madre che prepara la cena per la famiglia? È davvero così offensiva, per la Boldrini, un'immagine simile? Certo, se una è abituata a farsi servire dal filippino, capiamo che la situazione possa risultare inedita... Religione di "pace" - Per quel che ci riguarda, preferiremmo sentire madama Laura scandalizzarsi per qualcosa che non sia in onda tra un gioco a premi e l'altro. Per esempio, dopo essere andata in visita alla Grande Moschea di Roma, dove ha dichiarato felice che l'islam è «una religione di pace», avrebbe potuto spendere un paio di parole a proposito delle mostruose violenze perpetrate dagli amici musulmani nel mondo. Perché gli spot saranno anche brutti e cattivi, ma ridurre in schiavitù le mogli degli infedeli o quelle appartenenti a una minoranza religiosa (tipo gli yazidi in Siria e Iraq) e utilizzarle come giocattolo sessuale oltre che come sguattere è un po' peggio. Gitani - Però la nostra preferisce criticare la réclame. Il sessismo è schifoso solo quando lo pagano le aziende italiane, che sono retrograde. A questo proposito, sarebbe interessante sapere come si concilia questa attenzione ai diritti con la difesa dei rom che la Boldrini porta avanti da giorni. Alla Stampa ha detto che andrebbero trattati come in Andalusia, dove «vengono valorizzati» poiché «rappresentano la musica, la danza e gli antichi mestieri andalusi». Già, e immaginiamo che tra gli antichi mestieri andalusi non ci sia quello delle donne che servono a tavola. In quel caso non c'è da scandalizzarsi, perché gli andalusi sono tanto belli, cantano e ballano, sono divertenti come le scimmie allo zoo. E non è violenza sulle donne rom costringerle a chiedere l'elemosina in strada, magari da minorenni e con i figli piccini al collo. Se la mamma italiana porta un piatto di bucatini, va punita. Se la mamma gitana serve una specialità andalusa, è tutto ok. Anzi, se il marito le tira due cinghiate, si aggiunge un pizzico di emozione alla cena. di Francesco Borgonovo

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