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Roma, morta a 10 anni in sala operatoria. Il padre: "Vi racconto quella mattinata all'ospedale"

di michele deroma domenica 30 novembre 2014

3' di lettura

"Vogliamo un processo, abbiamo diritto a sapere la verità": a quasi otto mesi dalla morte della figlia Giovanna, 10 anni, Matteo Fatello ha rilasciato un'intervista a Repubblica, in cui ha descritto quanto accadde la mattina del 29 marzo scorso, assieme al lavoro investigativo che, finora, non ha prodotto nulla. Giovanna Fatello soffriva di otite: tuttora per la sua morte, avvenuta durante un'operazione chirurgica al timpano, all'apparenza banale, ci sono dieci medici indagati. Delicata soprattutto la posizione degli anestesisti, Pierfrancesco Dauri e Federico Santilli, colpevoli di "lacune descrittive ed errori di gestione delle diverse fasi del procedimento anestesiologico". Tutto avviene nella clinica romana Villa Mafalda. La tragica mattinata - Spiega Matteo Fatello: "Arriviamo a Villa Mafalda alle 8, rimaniamo in camera e non si presenta nessuno a fare l'anamnesi di Giovanna: nemmeno viene sottoposta a una pre-anestesia, come invece ci è stato spiegato si è soliti fare con i bambini per tranquillizzarli". Aggiunge la moglie Valentina: "In seguito, due infermieri ci dicono di scendere in sala operatoria. Io vado con mia figlia, e solo allora mi fanno firmare il consenso informato. Lo avverto che io sono soggetta ad orticarie, ho pensavo fosse utile che lo sapessero, magari anche la bambina poteva esserlo. Giovanna mi ha chiesto quanto sarebbe durato l'intervento: è stata l'ultima volta in cui l'ho vista viva". La fine - Matteo Fatello prosegue il proprio racconto: "Dopo un'ora e mezza dall'inizio dell'operazione scendo, c'è il chirurgo sulla porta. Dalla faccia che aveva, ho capito subito che la situazione era degenerata: mi dice che l'operazione è andata benissimo, il resto malissimo. Il resto cosa? Nessuno mi spiega, così fermo il capo sala e gli urlo di dirmi la verità. Lui mi fa sentire il bip della macchina chirurgica e mi dice che è il cuore di Giovanna che ancora batte. Poi, erano le 12.30 circa, esce Dauri, l'anestesista. Non l'avevo mai visto prima, si mette a cinque metri di distanza e mi dice che nella sua carriera aveva salvato molte vite, che era più dispiaciuto di me e che mi dovevo preparare al peggio". La moglie ribadisce: "Nessuno ha avuto il coraggio o la coscienza di venire a spiegare ai genitori di una bambina morta quello che è successo dalle 10 alle 13.40, da quando è cominciata l'ipossia a quando hanno cessato le manovre di rianimazione. Un buco nero di quasi quattro ore...". Giovanna Fatello entra in sala operatoria alle 9.30, e viene dichiarata morta alle 13.40, per arresto cardiaco in asistolia. Tutte le domande senza risposta - Valentina si chiede: "Non hanno fatto l'anamnesi a Giovanna prima di operarla. L'anestesista Dauri, in un interrogatorio, sostiene che il chirurgo lo aveva mandato da noi perché non sapeva su quale orecchio doveva intervenire. Nel corpo di mia figlia, poi, sono stati trovati dei farmaci e dei liquidi di cui non c'è traccia nella cartella clinica. Perché Dauri si è allontanato dalla sala operatoria tra le 10 e le 10 e mezza? E perché gli altri indagati hanno negato questa circostanza? Il macchinario che segnalava i parametri vitali era malfunzionante, ed è stato resettato il 31 marzo. Perché? Pure il saturimetro, che indica l'ossigenazione, era rotto. Perché la procura ha aspettato sette mesi per interrogare gli infermieri e il personale di sala? Ed è tutto scritto negli atti dell'inchiesta. Dovevano venire da noi a spiegarci cosa era successo in quelle tre ore e quaranta, minuto dopo minuto, e chiederci scusa. Ma non si è visto nessuno. Allora vogliamo che sia un tribunale a stabilire chi ha sbagliato, perché ciò che ci è successo a noi non accada anche ad altri".

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