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Greta e Vanessa si battevano per gli amici di chi le ha rapite

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Ignazio Stagno
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Due immagini, due foto, separate da mesi di distanza e con situazioni praticamente ribaltate. Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, giovanissime cooperanti, ritratte prima dell'estate, durante una manifestazione attiviste per la Siria una manifestazione a sostegno dell'opposizione al presidente Bashar al Assad. Tengono in mano un cartello che recita: «Agli eroi di Liwa Shuhada grazie per l'ospitalità e se Dio vuole vediamo la città di Idlib libera quando ritorneremo». Liwa Shuhada al-Islam è un gruppo ribelle islamista il cui nome significa «La Brigata dell'Islam», considerata dagli esperti di terrorismo internazionale una sigla vicina al Fronte al Nusra, braccio di al Qaeda in Siria. Altra foto, atmosfera molto diversa. Le ragazze, che sono state rapite in un villaggio nei pressi della città di Aleppo all'inizio del mese di agosto, ora appaiono velate, pallide, impaurite, e si rivolgono al governo italiano, implorando di essere liberate e affermando che la loro vita è praticamente appesa a un filo. In realtà, non si tratta di una foto, ma di un video, realizzato prima di Natale e diffuso due giorni fa. E si torna a parlare del fatto che le due ragazze sarebbero proprio nelle mani di Jubhat Al Nusra. Questa formazione in Siria rappresenta la seconda maggior forza islamista dopo Isis, con circa 15.000 uomini all'attivo e una vasta esperienza di sequestri, per lo più a scopo estorsivo, a differenza dell'Isis, che con i rapimenti mira probabilmente più a ottenere visibilità che non finanziamenti. MISTERI Ma nella tragedia siriana queste sigle sono destinate a comparire e a dissolversi molto rapidamente e dunque non è chiaro se in questo momento sia ancora attiva e quale sia stato il suo ruolo preciso nel sequestro delle due italiane. Se quindi qualche dubbio sull'autenticità del video in cui le due ragazze si rivolgono al governo è stato avanzato - soprattutto per quel che riguarda la data di realizzazione del filmato - l'ipotesi che dietro al rapimento ci sia Al Nusra ha trovato diverse conferme, a partire dalle rivendicazioni degli stessi miliziani. Gli apparati di intelligence e la Farnesina hanno chiesto «massimo riserbo, siamo in una fase delicatissima» e, com'è ovvio, stanno esaminando minuziosamente il video, anche per ottenere qualche informazione in più su dove posano essere tenute prigioniere le due italiane. E appare evidente che il video abbia anche lo scopo di fare pressione per accelerare le trattative in corso, per alzare il prezzo e magari minacciare la «cessione» dei due ostaggi ad un altro gruppo e passare così di «mano in mano». Ma è difficile orientarsi nel ginepraio siriano, ancor meno nella galassia del fondamentalismo islamico, e identificare con certezza i rapitori di Vanessa e Greta. IN ARABO La foto che ritraeva le due giovani libere, sorridenti e inneggianti agli «eroi di Liwa Shuhada» era stata diffusa, i primi di agosto, dalla rivista online di geopolitica Spondasud news e in queste ore sta circolando di nuovo in molti siti. Prendendola di nuovo in considerazione, si può anche ipotizzare che la loro conoscenza dell'arabo, al momento in cui la foto è stata scattata, non fosse molto approfondita, che le loro informazioni sulla reale situazione sul campo in Siria non fossero così complete e che comunque non si sa quali fossero i loro concreti rapporti con Liwa Shuhada. Però questo retroscena getta una luce ulteriormente inquietante sull'intera vicenda e sulla sua conclusione, nella speranza che sia positiva. Senza contare che vengono forniti argomenti in più ai sostenitori della cinica linea «quelle due se la sono cercata». di Caterina Maniaci

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